
A Parma Gloria fa rinascere Attilio
A lei i vestiti del nonno raccontano storie che non vede l’ora di condividere.
Un’infanzia, quella di Gloria, passata tra il bancone e gli scaffali della storica merceria Mussi a Parma, quella del nonno Attilio. Il negozio era “un punto di riferimento per il quartiere” spiega, ed è lì che inizia a sviluppare la sua passione per la moda.
Circa a vent’anni si trasferisce all’Isola d’Elba dove però il richiamo delle tradizioni di famiglia si fa strada prepotentemente. “Sull’isola c’era una sola cosa che mancava: una merceria” e così decide di colmare questa lacuna portando all’Elba un po’ di Parma e un po’ di Mussi.
Dopo 10 anni da isolana, torna a casa, a Parma, e qui l’ispirazione: “Di ritorno da un viaggio a Londra, sono andata con mio padre a vedere una delle cantine che mio nonno utilizzava come magazzino per il negozio e ho trovato montagne di vestiti” dice Gloria. Spiega che il nonno, tra gli anni ‘60 e ‘90, con il negozio in attività, non era solito aderire ai saldi stagionali o vendere agli stockisti ciò che rimaneva di una collezione. “Non voleva rivendere un capo che lui aveva selezionato con cura e così acquistava cantine dove poter conservare ciò che rimaneva da quelle che sarebbero diventate collezioni passate. Quando ho visto tutti quei vestiti ho pensato che fosse uno spreco e dissi a mio padre che avrei fatto qualcosa”. Nasce così due anni fa il marchio Attil.io – virgin original vintage (www.attiliovintage.com). L’idea è quella di restituire ai capi “del nonno” il loro prestigio originale. Sono vestiti vintage, ma non usati, di ottima qualità, a cui il tempo ha donato, se possibile, ancora più fascino.
Gloria, come il nonno, non vuole vendere agli stockisti, quello che cerca è il contatto con il cliente e il poter raccontare la storia che ogni singolo capo porta con sé. Per questo lavora da sola: è il suo progetto, la sua riscoperta del passato. “Chi può dirti che il negozio del nonno iniziò quando lui, facendo in bicicletta Parma-Milano, andava a comprare le cerniere bianche che sua moglie tingeva di notte per poter vendere le cerniere colorate? Io.” spiega mentre i ricordi avvolgono l’atmosfera.
Sapevo che il vintage andava di moda ma non avrei creduto che si avvicinassero a questo mondo così tante persone e così tanti ragazzi
Sono pezzi unici, infatti difficilmente capita di trovare delle serie dello stesso prodotto nei magazzini del negozio di famiglia e questo dona ad ogni capo ancora più prestigio.
L’idea di Gloria si sviluppa all’inizio solo online ma più il riscontro del pubblico è positivo più accresce in lei il desiderio di aprire uno showroom in cui poter incontrare i propri clienti. Chiacchierare, fargli respirare quell’aria di storia e di casa che lei respira ed emana allo stesso tempo e poter finalmente far toccare con mano la qualità dei suoi prodotti.
“Sapevo che il vintage andava di moda ma non avrei creduto che si avvicinassero a questo mondo così tante persone e così tanti ragazzi. Non pensavo ne avrebbero colto il valore in molti. La maggior parte di chi compra i capi ha tra i 17 e i 25 anni. Una ragazza di 17 anni mi ha rivelato di voler avere un armadio sostenibile. Mi ha spiazzato.” dice Gloria che attribuisce del merito anche a questa orribile pandemia in cui stiamo vivendo che ci permette tuttavia di fermarci a riflettere sulle nostre scelte quotidiane anche su quelle legate all’abbigliamento. Forse si è riscoperto il valore di ciò che si acquista. Oggi probabilmente, con meno risorse a disposizione, si da una maggiore importanza e una maggiore attenzione a ciò che si decide di comprare.
Il sogno di Gloria si è avverato qualche mese fa e lo showroom ospita oggi una parte di quei, ormai famosi, magazzini. “Uno showroom, non un negozio. Non ho orari da negozio, niente commessi” afferma convinta mentre spiega che per lei è fondamentale non perdere la parte del racconto della storia di un vestito e questo lo può fare soltanto prendendosi cura di pochi clienti per volta.
Insomma acquistare un capo Attil.io vintage significa acquistare la sua storia e poterla condividere con chi di certo chiederà “Che bello…dove lo hai comprato?”.
Chiara Paletti