
AAAmore cercasi.
Di cuoricini, centri massaggi e altre avversità
Che fine ha fatto l’amore? Dov’è svanito nell’era della caccia grossa su Tinder, dei cuoricini che si gonfiano al randomico scorrere di natiche su Instagram, delle relazioni che sbocciano immature fra ragazzini capaci di tutto ma incapaci di “agganciare” un coetaneo ad una festa se non c’è di mezzo un touchscreen? Ma soprattutto, che fine ha fatto l’amore ai tempi dei centri massaggi cinesi, là dove la più genuina delle manifestazioni amorose – il sesso – viene banalizzata fra un neon a intermittenza e una parete verniciata di fucsia?
Saremo più forti noi romantici senza speranza cresciuti a pane e favole da nonni e genitori che sono stati modelli di complicità oggi apparentemente inimitabili?
Può – la notizia della chiusura di 22 centri massaggi fra città e provincia da parte della Guardia di Finanza, che ha così sgominato un vero e proprio giro di sfruttamento della prostituzione – restituire fiducia e speranza a quegli inguaribili romantici che continuano a scorgere nel bambinesco batticuore del sentimento il motore di questo mondo? Possiamo gioire, oggi, noi teneri portabandiera delle emozioni? Saremo più forti noi romantici senza speranza cresciuti a pane e favole da nonni e genitori che sono stati modelli di complicità oggi apparentemente inimitabili? Possiamo dire che un colpo mortale è stato assestato a danno della parte marcia di questo universo? Purtroppo no, perché la penuria di sentimenti che ci circonda persisterà.
Di certo esultiamo all’idea di venticinque donne finalmente liberate dallo squallido giogo di sfruttamento che quotidianamente, da anni, le ha schiavizzate sotto i nostri occhi; possiamo anche illuderci che dai nastri apposti sulle vetrine rosa la città ne possa guadagnare in decoro, ma state ben certi che la fame d’amore di quest’epoca strana e un po’ sfigata, quella rimarrà e – senza apparente colpo ferire – continuerà a tormentarci. “Ché in fondo a prostitute ci si è sempre andati”, come vi diranno in tanti, quasi ad annacquare di ovvietà un’abitudine che è incontestabile espressione di disagio. È vero, anche se noi sentimentaloni continuiamo a rabbrividire, ma purtroppo oggi ci sono anche altri elementi che sembrano far apparire l’amore desueto e che dovrebbero farci drizzare le antenne.
Vi è mai capitato, ad esempio, di osservare i teenager in discoteca negli ultimi anni? Se ne stanno separati come alle lezioni di ginnastica di un tempo, senza che nessuno glielo chieda. Maschi da una parte, femmine dall’altra. Non si parlano, non ci riescono. Non si guardano in faccia, eppure poi magari finiscono nei bagni a fare sesso da lì a mezz’ora. L’approccio è da dietro, in pista. Nemmeno una parola: è l’amica che ti balla di fronte a dire se chi ti sta dietro è bello abbastanza da girarsi e dare il via alle danze. Beninteso, non c’è niente di più bello che scoprire le gioie dell’amore e del sesso, ma così ci si perde per strada tutto quel pacchetto emotivo che rende magico il sesso – con o senza amore – e che è fatto di curiosità, attesa, conquista, incertezza, aspettativa, delusione, gratificazione. Lo stomaco che si stringe, il cuore che rimbalza, la bocca che si asciuga.
Non è giusto demonizzare i social, la rete e tutti quei mezzi che inevitabilmente ci siamo abituati ad utilizzare come mezzo di relazione con l’altro, ma dovremmo stare più attenti che questi strumenti non prendano il sopravvento, soprattutto per i più giovani, su ogni altra modalità di relazione. Che si mantenga la capacità di fare un sorriso inaspettato, per strada o in corridoio, oltre a digitare una emoticon dopo l’altra. Che si continui a fare qualche telefonata, ogni tanto, oltre a scrivere lenzuolate di messaggi in chat. Che ci si ricordi di dire grazie, scusi e per favore, che anche questi sono gesti d’amore. E per quanto banali, sono vitali.
Margherita Portelli