(S)commercio in centro storico.

Chiuso per mancanza di idee

Idee nuove zero. Idee vecchie tante. Chiusure di negozi sempre più numerose. Questo in sintesi lo stato dell’arte su “commercio e centro storico”. Ovvero un disastro che sembra senza fine. E che dovrebbe indurci tutti – soprattutto amministratori, partiti politici (quel che resta) e associazioni di categoria- ad affrontare il tema con occhi nuovi e proposte che guardino avanti. In ogni caso evitando discorsi nostalgici o la reiterazione di modelli commerciali che per quanto belli e gloriosi hanno esaurito le loro funzioni. E il discorso vale sia per alcune forme di negozio tradizionali sia per le grandi superfici di vendita organizzate come centri commerciali. Ma non meno obsoleti sono i discorsi “securitari” (telecamere ovunque e illuminazione a go-go) e sulla libera circolazione (soprattutto delle auto).
Pure il bando di sostegno all’apertura di nuovi esercizi commerciali, da parte del Comune di Parma (http://www.comune.parma.it/comune/avvisi-pubblici/Erogazione-contributi-per-nuove-attivita-commerciali_m1045.aspx), per quanto mosso da lodevoli intenzioni, sembra privo di quei “principi attivi” dei quali c’è urgente bisogno. Non tanto perché è modesto lo stanziamento (150 mila euro complessivi, in tagli da 10/15 mila euro per esercizio a fondo perduto). Ma perché è troppo vasta la zona individuata da “rivitalizzare”; e generico l’invito ad avviare “nuove attività commerciali di vicinato, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande da insediarsi nelle Strade: Garibaldi (da barriera Garibaldi ad intersezione con Strada Melloni), Verdi, B.go Romagnosi, Galleria Polidoro e Galleria Bassa dei Magnani in locali “fronte strada”.

distribuire un po’ di soldi non basta e che la maggior parte delle nuove aperture durano poco

Le esperienze passate, anche a Parma come in altre città italiane indicano, al di là di facili polemiche o di posizioni (politiche) preconcette, che distribuire un po’ di soldi non basta e che la maggior parte delle nuove aperture durano poco. Perché manca un progetto complessivo a monte e assistenza e adeguato accompagnamento delle imprese a valle. Ovvero durante il percorso di avvio.
Naturalmente non la voglio fare facile, perché il problema è enorme e complesso. Però vorrei ragionare seriamente e avanzare, giusto per avviare un serio confronto, 4/5 ipotesi di lavoro. La prima è preliminare e chiede che ci sia un accordo preventivo sul fatto che servono idee nuove, approcci e progetti innovati. A partire dalla consapevolezza che è quasi tutto da ripensare e rifare. E che così com’è ora c’è poco da salvare. D’altra parte basta solo fare un giro per il centro di Parma – ma in periferia non va meglio- per rendersi conto di persona come il deserto commerciale sia in veloce avanzamento.

ci vorrebbe uno studio preliminare che individuasse il tipo di esercizi ritenuto in grado di fare rifiorire la vita, non solo commerciale, di una strada, di una piazza o di un’area più vasta

La seconda questione riguarda il recupero di una volontà di pianificazione delle attività commerciali che è stata abbandonata rovinosamente, visti i risultati, per effetto di una pessima interpretazione della liberalizzazione del commercio voluta dall’allora ministro Bersani. Uno dei risultati è ad esempio la presenza di 3/4 gelaterie nello spazio di 500 metri, di contro all’assenza di un calzolaio o un ferramenta nell’intero quartiere. Tornare a pianificare il commercio cittadino significa anche fare i conti con le caratteristiche demografiche di una zona e con i flussi di persone o di traffico che fanno sì che una strada o un quartiere siano intensamente trafficati solo in certe ore del giorno o soprattutto nelle ore serali e viceversa. Se ciò è vero prima di dare contributi per l’apertura di nuovi esercizi commerciali ci vorrebbe uno studio preliminare che individuasse il tipo di esercizi ritenuto in grado di fare rifiorire la vita, non solo commerciale, di una strada, di una piazza o di un’area più vasta. Ciò potrebbe avvenire mettendo assieme un gruppo assortito di competenze e professionisti, non definito come “tavolo istituzionale”, bensì come laboratorio di ricerca e sviluppo.

individuare l’attrattore, cioè le merceologie o le tipologie, attorno alle quali fare crescere tante altre attività, anche non commerciali

La terza questione è che tale approccio dovrebbe procedere in modo sperimentale. Cioè mettendo in conto errori e dunque aggiustamenti in corso d’opera. E non difese d’ufficio e a oltranza di un progetto. In questa fase si dovrebbe anche individuare l’attrattore, cioè le merceologie o le tipologie, attorno alle quali fare crescere tante altre attività, anche non commerciali. Con la stessa logica con cui nelle attività di rimboschimento si individuano le “piante pilota o pioniere”. L’attrattore potrebbe essere anche una o più gallerie d’arte o un giardino verticale oppure sculture urbane o una “strada tematica” (quella degli antiquari, così come è ora la parte di via Nazario Sauro verso strada XXII luglio). Ogni strada o gruppo di strade o intera zona dovrebbe però avere, necessariamente, alcune particolarità ed esclusività.

serve che i nuovi esercizi commerciali siano negozi di venditori e non più di rivenditori

Quarta questione perché il centro storico rinasca e riviva serve che i nuovi esercizi commerciali siano con poche eccezioni (a prescindere dalle merceologie, di pregio ed esclusivi , come ad esempio la Cappelleria Wender di P.za della Steccata) negozi di venditori e non più di rivenditori. Ovvero non generalisti, bensì specializzati. Per sintetizzare botteghe artigiane, che abbiano anche una vetrina on line e che facciano servizio e consegne a domicilio (modello di riferimento la sartoria/ sarto di una volta). Altra caratteristica fondamentale perché la gente torni ad affollare il centro storico e che le attività commerciali lì svolte possano essere fruite/consumate solo di persona, ovvero fisicamente. Dunque ristoranti e bar, come oggi in gran parte è, ma anche tutta una serie di negozi/servizi per la cura della persona (saloni di bellezza, centri estetici, ambulatori medici, ecc.).
Si può concludere invitando a una pubblica discussione che eviti programmaticamente luoghi comuni, frasi fatte, idee vecchie. Ma anche difese d’ufficio del proprio ruolo e/o operato. Amministrazione comunale e associazioni di categoria hanno urgente, disperato bisogno di affrancarsi da modelli di governance e di rappresentanza di interessi, pure legittimi, che non hanno più futuro. Serve un grande sforzo di immaginazione e grandi atti di umiltà. Praticamente un mezzo miracolo. 

Giorgio Triani