Effetti e affetti personali:
in viaggio tra Parma e Chisinau

Ogni sabato mattina, un furgone carico di doni

Ivan sta seduto sul gradino del furgone che tutti i sabati e le domeniche sosta nel parcheggio di un supermercato nella prima periferia di Parma: in mano un elenco con nomi e indirizzi su cui annota il numero di pacchi che riceve, destinatario e mittente.
Durante la settimana Ivan lavora come metalmeccanico, aiutato, quando possibile, dalla figlia che a Parma sta studiando all’università, mentre nel fine settimana si occupa di accogliere i pacchi che viaggeranno per duemila km attraversando Slovenia, Ungheria e Bulgaria per arrivare in Moldavia.

Attorno al furgone sono accatastati in ordine i doni da caricare: due piccole biciclette che, mi dice Ivan, verranno destinate a un asilo, mobili accuratamente avvolti in teli e cellophane, scatoloni con vestiti per bambini, cibo, piccoli oggetti per la casa, giochi. Alcuni pacchi sono accompagnati da brevi lettere, scritte in una grafia che sembra un po’ fuori dal tempo così come l’uso di scrivere a mano ai tempi di internet e social: chi spedisce indica il contenuto del dono, a volte il valore, l’utilizzo e la destinazione, oltre a mandare i propri saluti, raccontare frammenti di vita e chiedere notizie su parenti e amici. 
 Dora parla un italiano gentile e pensato: laureata in studi economici, è arrivata a Parma sette anni fa, accompagnata dalla suocera, per raggiungere suo marito. I suoi due bambini, oggi ragazzi, li ha dovuti lasciare a casa con i nonni e una zia. “Vivere nel nostro paese è molto difficile, mancano cose essenziali e gli stipendi sono bassissimi. Molti giovani sono costretti a andare in Russia o in Europa per poter progettare un futuro. Tante mie amiche, come me, hanno dovuto lasciare i loro figli e cercano di aiutarli a distanza mandando a casa cibo, vestiti e soldi. Questo mese ho preparato una confezione di vestiti estivi, due paia di scarpe nuove, pasta e olio. So che mi hanno mandato da casa il Salamur, un sale aromatizzato con lauro, garofano e coriandolo che qui non riesco a riprodurre. Non mi piace restare senza gli aromi di casa.”
Ludmilla è un medico chirurgo e in Moldavia è riuscita a fare mandare da Parma due ambulanze: “in questo caso”, mi dice Ivan, “abbiamo trasportato gratuitamente le ambulanze con un rimorchio. Ci sembrava di fare una cosa giusta, una cosa buona non solo per noi o per i nostri parenti ma per tutti i nostri concittadini”

La dinamica del dono innesca un dialogo a distanza e nel tempo scandito dagli atti di dare, ricevere e ricambiare

La dinamica del dono innesca un dialogo a distanza e nel tempo scandito dagli atti di dare, ricevere e ricambiare all’interno di un circolo che mantiene vivi i legami familiari e di amicizia tra chi è partito e chi è rimasto, intrecciando aspetti di utilità pratica a valori simbolici che investono lo spazio degli affetti, della memoria e dell’identità. Questa economia di affetti in viaggio è pensata, pianificata e gestita dalle donne che nel loro paese rappresentano la vera forza lavoro e che hanno scelto di emigrare per aiutare i figli lasciati con i nonni o in istituti che accolgono ‘orfani sociali’, sperando di poterli tornare a prendere una volta raggiunta una stabilità economica sufficiente per vivere insieme.

Olga ha 26 anni, è a Parma da poco tempo ma non si direbbe ascoltandola parlare con sicurezza: “ho imparato l’italiano in Moldavia lavorando nella pasticceria e gelateria italiana “Carmelo”, a Chisinau. In Moldavia mandiamo cibo, come pasta, cioccolato, parmigiano, ma anche detersivi che da noi costano molto cari e sono scadenti perché vengono importati dalla Russia o dalla Bulgaria. A Capodanno mandiamo panettoni e bottiglie di champagne per tutti gli amici e i parenti: in questo modo sembra possibile essere vicini anche se lontani. Da casa riceviamo quello che qui non si trova: mio suocero manda la passata di pomodoro fatta in casa, i cetrioli conservati in acqua e sale che sono molto più buoni di quelli che si trovano qui, sempre affogati nell’aceto, e i nostri dolci tipici in occasione delle feste. Mia suocera, che è venuta con me e mio marito in Italia, ha mandato in Moldavia anche i mobili per arredare tutta la casa: dalla sala alla cucina alla camera da letto, perfino le tende: tutto profuma di mobili italiani. Ma mandiamo anche vestiti per i bambini delle campagne attorno alla città che non hanno nulla per vestirsi. Pensiamo a chi è rimasto ma nessuno di noi vuole tornare, soprattutto chi ha i figli qui desidera restare: qui la colazione è colazione e il pranzo è pranzo. La speranza è quella di riuscire a comprare casa con un mutuo.”
Mentre parlo con Olga un’altra donna ci ascolta, poi si avvicina e si presenta: si chiama Alina, è un medico ma da anni lavora a Parma aiutando tre diverse famiglie nelle pulizie di casa e nella gestione dei bambini. Come le altre donne che ho incontrato, anche Alina ha una bellezza netta e sorridente che si trasmette ai gesti a al linguaggio: “ogni mese mando qualcosa a casa dove è rimasto mio suocero che ha una pensione di circa 500 euro con la quale fa fatica a vivere. Eppure, nonostante la fatica, lui non si dimentica mai di ricambiare, anche se gli diciamo sempre che non deve preoccuparsi per noi. Quello che preferisce ricevere è il parmigiano: all’inizio non lo sapeva usare ma adesso non ne sa fare a meno e spesso lo usa al posto del nostro formaggio di capra. E poi il limoncello: adesso tutta la Moldavia lo conosce e le donne lo amano molto. A piccole dosi. Spero che anche mio suocero possa raggiungerci: qui le mie due figlie stanno studiando economia e medicina. Sono fiera di loro: sono molto brave.”  

Lucia de Ioanna