
Gustavo Marchesi, uno scrittore di grazia e levità
Gustavo Marchesi è uno scrittore importante non solo per Parma, sua città d’elezione. Non scrivo di lui al passato perché gli scrittori non muoiono mai, lasciano un segno e quel segno sono i libri, i progetti, le storie che ci hanno raccontato. Non mi sono unito al coro di condoglianze (sempre più spesso di circostanza su quotidiani e social). Scrivo di Gustavo perché mi piace ricordarlo, lontano dalle date, dalle ricorrenze, dalle finte commemorazioni, solo per amicizia.
Di tanti che lo hanno conosciuto mi chiedo in quanti hanno mai comprato o letto un suo libro. Per ricordare uno scrittore bisognerebbe prima di tutto tornare a leggere i suoi libri, per Gustavo fondamentali sono le biografie di Verdi e di Toscanini tanto per cominciare, che sono ormai entrate nella storia critica di questi giganti, ma anche quelle di cantanti e di compositori che amava e davano un senso alla sua vita. E soprattutto i suoi libri di narrativa. Gustavo è stato prima di tutto uno scrittore di razza, di grande raffinatezza e di grazia che ha messo il suo talento di narratore al servizio della musica, della ricerca e dello studio. Quante volte ho parlato con lui dei racconti di Cechov, di quel meraviglioso racconto Uno scherzetto. Gustavo era uno scrittore della leggerezza e del togliere, sapeva scrivere racconti bellissimi in pochissime righe. Ci vuole una grande maestria per fare questo. Negli ultimi anni i suoi racconti pubblicati sulla “Gazzetta di Parma” grazie a Davide Barilli, erano una lettura domenicale necessaria. Da vecchio, con questa bella barba bianca che gli circondava il volto, assomigliava sempre più ai suoi amati scrittori russi, in particolar modo a Solženicyn, e così l’avevo ribattezzato “Il Solženicyn della Bassa” e lui rideva sornione.
Mi ricordava sempre quando aveva portato i primi racconti a Zavattini e Cesare, in piazza a Luzzara, gli aveva detto, “As tòca”, si tocca, come se la scrittura fosse un palo che serve a sondare il fondo del fiume e guida la via di un destino. E mi raccontava del lavoro con Zavattini e Giovanni Negri, per l’antologia Al macero quando leggevano, sceglievano o scartavano i pezzi: un teatro. E così accadde per Mi richordo anchora di Pietro Ghizzardi. Mi piacerebbe che tutti quelli che hanno pianto la sua scomparsa e hanno scritto o testimoniato della sua perdita tornassero a leggersi Un cuore a metà, pubblicato da Marsilio nel 2002, dove Gustavo racconta la sua vita divisa tra Guastalla e Parma, percorsa con quel treno “Parma, Suzzara, Mantova si cambia” che è stata una direttrice culturale. Molti hanno preso quel treno per studiare a Parma, Cesare Zavattini, Gustavo Marchesi, Alberto Nodolini, Renato Falavigna, Francesco Barilli portando un contributo importante alla ricchezza culturale della città. Gustavo è stato uno scrittore della bassa, ha saputo cogliere, attraverso la sua poetica, la grandezza dei grandi geni musicali ma soprattutto gli aneddoti e la vite umili, dei fatti da poco che, in verità, nascondono la bellezza e la maestà della vita.
Nel 2018, dopo oltre vent’anni di amicizia, ho lavorato con lui al suo ultimo libro, l’ultimo dei tanti libri pubblicati insieme, Storie in breve, edito da Libreria Ticinum Editore di Voghera. E’ stata una gioia lavorare con lui, si discuteva sull’indice, sull’ordine e la tenuta dei racconti. Alla presentazione, alla casa della Musica, qualche giorno prima del Natale di due anni fa, c’era la sala mezza vuota. Gustavo non aveva partecipato perché non se la sentiva. Il concerto del figlio Ruggero al violino era stato un evento nell’evento. Negli ultimi anni non usciva più di casa. Ci sentivamo al telefono e stavamo delle ore a raccontarci storie e letture. Mi spiace solo di non averlo sentito negli ultimi mesi. Ho sbagliato a non richiamarlo un paio di volte che mi aveva cercato, poi il silenzio e la tragica notizia appresa prima dai social e poi confermata al telefono dal figlio Ruggero e dalla moglie.
Mi ricordo le cene con Gustavo nello studio di Enzo Bioli, (e chi lo ricorda più? Quando faranno una mostra che racconti degnamente il suo lavoro di grafico e pittore?) insieme a Renato Falavigna, a Giorgio Belledi e sua moglie Stefania Cavazzon, a Peppino Calzolari. Con Gustavo se n’è andato un altro di quegli amici che hanno fatto grande la nostra cultura e che sono state vere guide alla conoscenza della cultura della mia città. Era un protagonista di questa ultima generazione novecentesca di un mondo scomparso, dove l’arte, la musica e il teatro sono il destino di un uomo e la sua parte migliore. Gustavo mi ha insegnato tanto. Ho scritto di lui perché avrei voluto chiamarlo. Allora ho preso un suo libro di racconti e me lo sono riletto. Sono stato un po’ con lui, ho risentito la sua voce. E questo mi ha dato una grande gioia.
Guido Conti