La casa dei cappelli

L’Antica Cappelleria Vender di Parma è un segno di speranza per le piccole botteghe del centro storico.
Nel cuore del centro storico di Parma, in piazza della Steccata all’1, c’è un negozio di cappelli che è lì dal 1900, l’Antica Cappelleria Vender.
Sembra quasi un viaggio nel tempo, tornare agli anni ’20-’30, a quando il cappello era – ed è, se si pensa ad alcuni eventi legati all’aristocrazia moderna – forte simbolo di status culturale, nonché espressione di creatività, originalità e appartenenza ad un ceto sociale elitario, per i materiali pregiati con cui era fatto.
Trovarsi di fronte alla vetrine della bottega di cappelli, è come trovarsi di fronte ad una macchina del tempo, proviamo allora a ripercorrere la sua lunga storia – l’anno prossimo saranno ben 120 anni di attività – attraverso il racconto di Filippo Vender:

L’Antica Cappelleria Vender è stata fondata nel 1900, ha ben 119 anni! Com’è nata la
Cappelleria Vender?
La cappelleria nasce nel 1900 quando il mio bisnonno Pietro acquista la licenza da altro cappellaio in città e dopo aver svolto per alcuni anni l’ attività nei locali oggi occupati da Coccinelle in va Garibaldi decise di acquistare nel 1923 due locali in P.zza Steccata al fine di realizzare una grande cappelleria. I lavori vengono commissionati ad esperti locali, la parte esterna della facciata tutta in ferro battuto mentre l’arredamento interno viene compiuto da ebanisti locali. Oggi è rimasto tutto invariato. Fino agli anni trenta il cappello era uno status symbol, sia per arti e mestieri sia per la moda, poi è iniziato un lungo e progressivo declino…

C’è qualche aneddoto particolare o curioso che i suoi nonni o i suoi genitori le hanno raccontato (o al quale ha assistito), richieste speciali di modelli da creare per eventi o per qualche cliente illustre?
Personalmente non lo ricordo, occupandomi di altra attività, pur essendo molto legale ed altresì presente soprattutto con particolare attenzione agli adempimenti amministrativi dal momento della morte di mio papà Lollo, subentrato nella gestione a suo padre Ugo negli anni sessanta.
Sicuramente l’avvento dell’obbligatorietà del casco per le moto, unita alla moda degli occhiali (che male si associano al cappello) ed a una progressiva attenzione alle acconciature (anch’esse ritenute minate dall’indossare un cappello che poteva coprire o scompigliare le chiome) possono considerarsi concause della perdita di attenzione per i copricapi.

Com’è strutturato il negozio, il laboratorio è ancora interno?
Al piano sottostante solo vendita mentre il piano superiore, composto da due stanze, oggi è destinato solo a magazzino, avendo interrotto la produzione già dagli anni cinquanta.

Ha sentito mai il peso di dover portare avanti l’attività di famiglia? Chi le ha trasmesso la passione per i cappelli, passione che, immagino, le abbia permesso di non lasciare l’attività pur intraprendendo un’altra carriera?
Sono nato in bottega, poi però ho seguito un’altra strada nonostante sia indissolubilmente legato al mio negozio, di cui mi occupo quotidianamente pur non svolgendone attività all’interno.
Ho sentito il peso, ma soprattutto la responsabilità dopo la prematura scomparsa di mio padre nel 2004. Ho però deciso insieme a mia mamma, che lavora in negozio dal 1968, di proseguire questa tradizione ed oggi non mi pento della scelta adottata con l’intento, fino a che avremo passione e coraggio, di proseguire anche in futuro anche se non sappiamo per quanto tempo:ogni cosa ha inevitabilmente un inizio ed una fine.

Come è cambiato nel tempo il commercio nel centro storico? La clientela giovane entra nel negozio solo per curiosare? E i turisti?
È cambiato tutto!! Il centro oggi soffre di difficoltà di accesso e tanto altro. Fortunatamente chi vuole venirci a trovare non è spaventato né dissuaso dal raggiungerci. Abbiamo molti clienti provenienti da altre città e sinceramente siamo soddisfatti dalla clientela straniera che, una volta incuriosita dalla bellezza ed originalità del negozio, spesso non si lascia sfuggire l’occasione per acquistare un prodotto di qualità.

Recentemente, durante un incontro organizzato da Parma Couture, “L’arte di produrre cappelli: i “cappellai matti” di Parma”, ha affermato: “Finchè ci sono delle teste, la mia attività può sopravvivere…”. Vuole approfondire brevemente questa affermazione, non pensa che le piccole attività stiano andando incontro ad una crisi che ne releghi la sopravvivenza agli e-commerce?
Vero. La mia frase era una battuta, perché fino a quando esisteranno teste dovranno esistere soggetti che si preoccupano di coprirle. Sinceramente l’E-commerce non interessa molto il nostro settore, perché un cappello deve essere provato, visto, toccato e spesso chi entra con una idea di cappello scoperto su internet indossandolo non lo trova di suo gradimento e, provandone altri, trova comunque molto spesso quello che lo aggrada anche grazie alla professionalità della mia mamma e della mia collaboratrice Cosetta, che sanno sempre offrire ottimi ed apprezzati consigli.

Non ho trovato un sito ufficiale, pensate di creare uno?
Ci abbiamo sempre pensato, ma allo stato attuale vogliamo restare old style e chi vuole sa dove trovarci. Meglio venire in bottega, che esplorare un esercizio solo dalle foto postate sul sito…

C’è speranza, quindi. Le piccole botteghe dei centri storici, potrebbero star rivivendo un nuovo splendore. In un momento storico in cui tutti vendono tutto, nasce sempre più la necessità di ricerca del ricercato, del particolare, della cosa che non ha nessuno per sentirsi unici. L’Antica Cappelleria Vender è questo, un posto dove sentirsi speciali e non omologati agli standard della modernità. 

Greta Ammendola