
La furia dei giovani, la distanza dei genitori, l’inadeguatezza delle istituzioni
Noia e paura formano paludi difficili da bonificare
Che i giovani possano sbagliare, restare isolati dal mondo o dai coetanei, trascorrere anni di gioventù e forse intere vite vuote, frequentare cattive compagnie e finire nei guai o crearne ad altri, è un problema sicuramente comune a tutte le città del mondo.
Al giorno d’oggi, la totale assenza di coscienza della realtà da parte delle istituzioni è sotto gli occhi di tutti e quello delle ‘baby gang’ – appellativo insopportabile poiché getta tutti i gruppi di giovani legati, anche marginalmente, a problemi di microcriminalità in un calderone di delinquenti che possono essere responsabili anche di gravi crimini – è un problema che emerge in modo particolare in tutti quei luoghi dove i giovani sono, o si sentono, abbandonati.
La loro è una carenza affettiva, prima di tutto, e lo si legge persino in teorie sociologiche che riguardano il problema. Le bande di giovani disperati (così le chiameremo per dare un senso a quanto accade loro e alla natura delle loro azioni) possono nascere per fenomeni di aggregazione spontanea dovuti, oltre che alla mancanza di un sostegno affettivo adeguato, al disorientamento dovuto alla mancanza di prospettive. Questo non può, tuttavia, rappresentare un fattore che giustifica le loro azioni.
Teorie razionalistiche suggeriscono come la scelta di entrare in una banda sia dovuta, tenuto conto del contesto sociale probabilmente difficile, alla volontà precisa di acquisire prestigio e fama. La voglia di schiacciare l’altro o il diverso per emergere
Notizia di questi giorni è che genitori, educatori, artisti ed insegnanti preoccupati per i loro figli e per la situazione della città vogliano risposte dalle istituzioni (chieste tramite questa lettera pubblicata da Repubblica N.d.R): non in termini repressivi «[…] Non siamo favorevoli ad una risposta repressiva, che rischierebbe di non essere una risposta esaustiva del problema […]» ma in termini educativi.
Un nobile obiettivo, certamente fondamentale, ma è quasi paradossale vedere che, in un segnale che potrebbe tradire inadeguatezza ed insicurezza, a puntare il dito sulle ‘istituzioni’ in modo generico siano esponenti di quelle forze di prima linea tanto importanti per educare e coinvolgere i giovani.
Si guarda alle istituzioni ed allo Stato come ad un ‘grande padre’ che ci deve dare qualcosa per forza.
Una visione che si dimostra, per le modalità di esternazione, purtroppo intrisa di politica e vagamente ideologica, rischiando di sminuire la qualità delle intenzioni.
Per secoli i giovani di tutta Italia sono stati coinvolti in ogni tipo di attività nata dal basso in oratori, doposcuola, attività ricreative che vengono dalle persone con spirito di iniziativa e non dall’alto, togliendoli dalle strade con le maniche rimboccate e senza nessuna minaccia.
La capacità di ‘fare rete’ dei cittadini sembrerebbe essere molto più determinante dell’intervento a gamba tesa di qualsiasi istituzione, che semmai dovrebbe aiutare a costituirla più velocemente, per poterla mettere efficacemente in competizione con qualsiasi ‘social’ zeppo di messaggi desolanti.
Abbiamo fatto un sondaggio tra gli universitari di Parma, che hanno risposto a domande sulla qualità della vita e sull’atteggiamento della popolazione parmigiana, per meglio cogliere che percezione hanno i ragazzi della città e del suo quotidiano. Nonostante la piccola dimensione del campione (una decina di ragazzi) è utile vederne le risposte per avere spunti di riflessione e dati che vengono direttamente da chi la città la vive nella sua dimensione più giovanile: quella universitaria.
L’83,3% ha risposto ‘Non lo so’ alla domanda «Credi che a Parma ci sia un ‘problema baby gang?», un dato sicuramente interessante, che sembra dare ragione ai genitori quando scrivono «I toni e le frasi utilizzate nel tritacarne social e anche alcune forzature della stampa locale non rientrano nel nostro modo di pensare e di guardare al mondo giovanile» poiché il problema è probabilmente percepito, ma forse viene inquadrato male da chi ne parla.
I ragazzi hanno definito solo al 50% Parma una città adatta ai giovani, mentre il 66,7% ha risposto affermativamente alla domanda «Parma è una città dove ci si annoia?» avallando la tesi «[…] quali soluzioni offre il nostro centro città che non sia un negozio o un bar dove la socialità è mediata dal consumo? […]».
Dati incoraggianti arrivano invece dalle risposte sull’atteggiamento della popolazione under 30, giudicata tranquilla e riservata (50%), aperta e disponibile (33,3%), chiusa e indifferente (16,7%). Nessuno ha ritenuto i ragazzi maleducati o problematici in generale, rivelando che il fenomeno può essere su ampia scala ma è certamente circoscritto a particolari frange di popolazione, che bisogna ricordare viene per la stragrande maggioranza a compiere scorribande da fuori città.
Nessuno nega che quei giovani che oggi sono senza una prospettiva lo siano anche per responsabilità di istituzioni totalmente inadeguate che parlano di iniziative dai toni più o meno repressivi, di commercio danneggiato dal fenomeno (argomento certamente importante per l’economia cittadina ma del tutto insignificante rispetto alle origini della materia da correggere), di non precisate risposte a problemi in realtà ignorati da sempre in tutte le città, in un tentativo tardivo e limitato di arginare o soffocare problemi ormai esplosi.
Esse devono giustamente essere interpellate, ma per ottenere un supporto economico e promozionale per le iniziative – come del resto si intende nell’appello dei cittadini – che dia maggiore qualità ed ampiezza a progetti già validi e ricchi di potenzialità.
Perciò quando si legge: «È giusto sottolineare che a Parma da diversi anni si investe sulla prevenzione attraverso progetti come i centri di aggregazione giovanile, i progetti di educativa di strada e una miriade di progetti che guardano con attenzione al mondo giovanile: è altrettanto doveroso sottolineare che senza un indirizzo di coesione sociale maggiore della comunità, senza un’attenzione forte del mondo adulto i progetti rischiano di costituire delle isole […]» viene da chiedersi se questo appello non sia da rivolgere in prima battuta proprio a sé stessi.
Siamo sicuri che affidarsi all’intervento delle istituzioni per trovare idee che non si hanno più, sia la risposta al problema? Quello di oggi è un periodo buio che ha sì oppresso i giovani, ma anche adulti che remano controcorrente in un mondo che li ha svuotati delle forze anzitempo e che si fanno scappare la situazione di mano a monte.
Non basta pensare che la DaD sia una delle cause del problema. Sarebbe meglio lasciarla essere una concausa, valga lo stesso per la ‘mancanza di progetti’ comunali e statali, che tuttavia vengono richiesti a gran voce e giustamente.
Le baby gang di Parma e del mondo sono figlie da sempre della mancanza di idee, di creatività, di empatia con i giovani e nella capacità di raccontare loro storie di realtà coinvolgenti che contengano i valori di cultura, spirito critico, etica del lavoro, lasciandoli in preda alla narrazione facile di quei Lucignolo sparsi per il mondo, disperati come loro, che oggi con i social riescono ad arrivare alle loro orecchie prima delle voci dei genitori.
I terribili figli della noia – diffusa più che mai nelle piccole realtà della provincia, un tempo scacciabile con un pallone o un mazzo di carte – oggi optano per i gesti eclatanti e brutali per creare un fattore di emersione dal nulla e sentirsi in qualche modo autentici e fatti da sé
Ma, se si assiste continuamente all’inquietante fenomeno di bambini con un telefono in mano a guardare ore ed ore di video consecutive nelle quali potrebbe essere celato qualsiasi messaggio, o peggio, nascondersi un vuoto assoluto degno di un buco nero, perché i genitori parlano tra di loro e con le istituzioni quando sono ignari già dall’infanzia dei problemi dei loro figli e non li coinvolgono nel dibattito?
La comunicazione si è interrotta molto prima che i buoi scappassero dal recinto, ed i giovani crescono già sentendosi soli, poco coinvolti, annoiati, costretti ad evadere usando gli smartphone come finestre sul mondo per prendere una boccata di ossigeno.
Giusto pretendere risposte da chi è pagato per risponderci e tutelarci, ma non è giusto guardare il dito per non vedere la luna.
I genitori non facciano lo stesso errore dei politici che cadono preda di inadeguatezza nel tragico esercizio di un racconto di realtà drammatiche, e ritrovino il loro spirito accettando il fatto che i linguaggi cambiano ma che – in quanto linguaggi – essi possono essere imparati ed usati per comunicare a fin di bene, in una assolutamente non banale idea di ri-unione con i figli, per ritrovare un legame che la moderna società globale tende naturalmente ad erodere.
Pietro Mirzani
LETTERA A REPUBBLICA:
https://parma.repubblica.it/cronaca/2022/01/08/news/oltre_i_due_calci_nel_sedere_per_un_dibattito_pubblico_sul_tema_del_disagio_giovanile_a_parma-333081862/
NOTIZIE SUL TEMA:
https://www.ilparmense.net/baby-gang-parma-piazza-ghiaia-commercianti/
https://www.adnkronos.com/parma-allarme-baby-gang-la-proposta-presidi-con-vigili-e-militari_AtgBEeOJxZifMzp7TqFne
https://www.parmateneo.it/?p=79727