La quarantena culturale si batte con un clic.

La corsa in Italia e a Parma per recuperare il tempo (digitale) perduto

Non un metro di distanza, anti covid-19, ma 50 cm: la distanza tra il pubblico e lo schermo. La cultura a portata di mano e di naso, come idea o voglia di curiosare, di andare in giro per il mondo con un clic, è la sola possibilità che ci concede la pandemia. Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020 l’intero paese è diventato zona rossa. La cultura è stata chiusa a chiave dietro le porte dei musei e degli istituti. Ora però, con il Dpcm del 10 aprile, si intravede un piccolo spiraglio per la cultura: la riapertura delle librerie. Che consentiranno, almeno, di viaggiare su carta
Potendo però continuare, per evitare di contrarre il virus, a essere contagiati culturalmente. Comodamente seduti in casa, ma lanciati nella corsa per accaparrarsi il miglior posto davanti dalla vetrina del web: iniziative, dirette, post, visite virtuali e contenuti digitali sono stati offerti da molti enti culturali. Se la metafora è di essere in guerra contro il COVID-19, si può dire che la risposta avviene sotto forma di un pacifico bombardamento di proposte.

Quello che ci manca di più in queste settimane è la cultura come luogo di ritrovo; lo stare insieme, condividere emozioni, scambiarsi opinioni in luoghi precisi della città.

“Quello che ci manca di più in queste settimane è la cultura come luogo di ritrovo; lo stare insieme, condividere emozioni, scambiarsi opinioni in luoghi precisi della città.” Afferma Michele Guerra, Assessore alla Cultura del comune di Parma. Il progetto di Parma Ritrovata, un portale attivo che consente a tutti gli enti culturali della città di partecipare e offrire al web i propri contenuti: filmati, foto, spettacoli, lezioni, letture e spettacoli. “Dobbiamo credere che sia possibile allenarci culturalmente e farci trovare pronti quando tutto riaprirà, quando la cultura tornerà finalmente ad essere un luogo di ritrovo” dichiara l’assessore. #Parmanonsiferma deve cedere il passo alle necessità della situazione, continuando ad esprimersi come Capitale della Cultura soltanto sul web, nella speranza di proseguire il suo percorso nel 2021.
Nuovi luoghi di ritrovo virtuale si stati inaugurati e offerti al pubblico. A livello nazionale, per esempio si trova la collezione della Pinacoteca Brera di Milano; le mostre virtuali delle Gallerie degli Uffizi di Firenze; il catalogo delle opere online dei Musei Vaticani di Roma; i video del Museo Egizio di Torino. Il Decameron di Giovanni Boccaccio raccontato tramite le storie Instagram della Triennale di Milano; #storieaportechiuse del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci; e molto altro ancora. A livello internazionale interviene il Louvre di Parigi con i tour online; il Metropolitan Museum; il Museo Archeologico di Atene; il British Museum di Londra; Rijksmuseum di Amsterdam; il Prado di Madrid e tra gli altri, vi sono anche i tour virtuali nell’Hermitage di San Pietroburgo.
Ma il sistema museale italiano aveva le armi giuste per la conquista del web?

LA SITUAZIONE. Secondo i dati raccolti dall’Istat nell’indagine “L’Italia dei musei” nel 2018, si scopre che il Paese vanta 4908 musei e istituti similari, pubblici e privati, statali e non statali, aperti al pubblico: 3882 musei e raccolte di collezioni, 630 monumenti, 327 aree archeologiche e 69 ecomusei. Un patrimonio molto vasto, ma emerge che solo metà delle strutture (44,7%) utilizza delle tecnologie interattive o strumenti digitali per arricchire le visite delle persone, offrendo sale video e/o multimediali, tecnologie QRCode e percorsi di realtà aumentata. La comunicazione online non è da meno, anzi: il 51,1% degli istituti ha un sito web dedicato e il 53,4% è approdato sui social media, ma risulta che solo il 9,9% offre la possibilità di visitare virtualmente i propri luoghi. Un numero ridotto, cresciuto con molta probabilità in questo momento di quarantena.
Ma prima di questa necessità momentanea dettata dal COVID-19, le visite virtuali erano un prodotto di consumo? Con il sondaggio “Visitare senza viaggiare”, è stato chiesto a 86 persone di varie fasce d’età (60,5% 18-25 anni, 18,6% 51-65 anni, 14% 26-50 anni e 7% minori di 18 anni): risulta che, prima di quest’anno, 64 persone su 86 non avessero mai fatto delle esperienze virtuali sfruttando le risorse digitali offerte dai musei. Un dato interessante se si pensa che molte delle realtà digitali esistono da prima del COVID-19. Nel male c’è pur sempre qualcosa di bene.

IL TEMPO DELL’APPROFONDIMENTO. Negare la maggior qualità dell’esperienza dal vivo è molto arduo: la sindrome di Stendhal davanti allo schermo del computer è assai improbabile. Emerge chiaramente dai dati del sondaggio citato precedentemente: 73 persone su 85 sostengono che le risorse virtuali non possono sostituire l’esperienza dal vivo; per 5 utenti sì, mentre il resto dà una risposta parziale, non escludendo che un giorno si potrà vivere le stesse sensazioni in entrambe le modalità.
Negli ultimi anni l’espansione della platea dei visitatori dal vivo ha registrato una significativa accelerazione: in un solo anno sono aumentati di quasi 10 milioni nelle strutture museali italiane. Nel 2018 si registra così il numero record di 128,6 milioni di ingressi (+8% rispetto al 2017).
Ad esempio, numeri da record alle Gallerie degli Uffizi: i visitatori nel 2018 sono stati 2.230.914, mentre in tutto il complesso (comprendendo Palazzo Pitti e il giardino di Boboli) ben 4.153.101. In un’intervista di Roberta Scorranese del Corriere della Sera al direttore degli Uffizi Eike Schmidt, vengono discussi i nuovi approcci all’arte. “Il problema code era decennale, è stato affrontato con un progetto di ricerca, testato un algoritmo che disciplina e regola l’accesso al museo. Una volta implementato l’accesso attraverso l’algoritmo si rende accessibile a più persone ma non ci sono più code” dichiara il direttore, riferendosi alla gestione delle code attraverso un sistema di prenotazione della visita. All’arte viene concesso il tempo di una toccata e fuga, l’attenzione necessaria per fare un selfie: “È il momento di ripensare a quello che funziona bene ma anche quello che non funziona, e il turismo superficiale mordi e fuggi sicuramente è un problema, non solo per il museo ma per le città.” Infatti sostiene che la crescita dei visitatori non potrà essere senza fine, sia per le stesse strutture museali sia per la città, sarebbe meglio attuare il modello dello slow tourism, implementando la scontistica per permettere al visitatore di poter tornare più volte e approfondire maggiormente. Dal punto di vista del digitale, la momentanea sospensione aprirà a nuove possibilità: “Penso di sì, ma può solo dimostrarsi attraverso i contenuti e la fidelizzazione attraverso i canali digitali. […] Facebook è stato lanciato in occasione dell’emergenza perché eravamo preparati con dei contenuti, ma abbiamo preso questa emergenza per buttarci dentro. Tutto quanto che viene costruiti in questa situazione dovrà continuare dopo, e questa crisi serve come un grande catalizzazione della digitalizzazione.”
La creazione dei contenuti virtuali potrebbe aver aperto la strada ad un nuovo approccio anche nelle visite dal vivo. Se precedentemente nel turismo di massa la qualità della visita cedeva il passo a causa dell’eccessivo affollamento di visitatori, un percorso di studio virtuale prima o dopo la visita dal vivo potrebbe dare lo spazio di approfondimento necessario. I minuti di attesa davanti ai musei sostituiti dal tempo di un clic.

PROMEMORIA PER I VIAGGI. Con più utenti davanti alla vetrina culturale virtuale, si incrementano le possibilità per farsi conoscere. Sotto la guida di attenti direttori pronti a intercettare i gusti e le esigenze del momento, istituti e musei raggiungono un maggior numeri di utenti. Stando ai dati raccolti nel questionario citato, il messaggio è riuscito ad arrivare quasi a tutti: ben il 76,7% (di 86 risposte) afferma di essere a conoscenza delle collezioni e tour virtuali offerti dai musei nazionali e anche internazionali. La campagna pubblicitaria per far conoscere il prodotto culturale è stata efficace, nonostante i numeri negativi del reale utilizzo: il 43% alla data del 4 aprile (a quasi un mese dalla chiusura dei musei) non ha usufruito delle risorse virtuali; il 46,5% esprime un fiducioso “non ancora ma sicuramente lo farò”, mentre solo il 10,5% afferma di sì. Il campione indagato è solo una minima parte di tutti gli utenti, ma afferma per il 94,2% il suo interesse a visitare mostre e musei. Un minor pubblico risponde al richiamo culturale, ma è più propenso a testare questo tipo di approccio digitale.
La speranza di successo per questo lavoro culturale offerto dai profili social e dai siti web sarà per il futuro: 39 persone su 65 affermano di aver scoperto nuovi luoghi che vorrebbero esplorare dal vivo quando l’epidemia sarà conclusa. Un’ottima pubblicità anche in questo periodo di sosta d’obbligo.

LA TECNOLOGIA RILANCIA L’ARTE. L’alfabetizzazione digitale forzata, secondo Andrea Concas (fondatore e CEO della startup dell’arte Art Backers e di Art Rights) intervistato da Valentina Muzi per Artribune, ha aperto temporaneamente nuove possibilità a professionisti esterni alle strutture, al fine di incrementare la comunicazione dell’arte online. “Si presenteranno nuove opportunità per esperti di Marketing Culturale, di Comunicazione, Social Media Manager, Uffici Stampa specializzati, Curatori Digitali, ma ancora di Critici e Storici, insieme alle startup innovative, agenzie e società per i servizi digitali” ha dichiarato l’intervistato. La dimensione web e social passa momentaneamente in primo piano, ma potrebbe in futuro correre parallelamente alla dimensione dell’esperienza reale. La rinascita dell’approfondimento dell’arte e della cultura in generale grazie alla comunicazione virtuale.
Le capacità dei professionisti in questo campo potrebbero rendere ancora più simile al reale l’esperienza davanti allo schermo, in termini di qualità visiva e grafica: i visori virtuali potrebbero diventare una possibilità sempre più di massa. Permettere una maggiore possibilità di scelta e di gestione da parte degli utenti su ciò che desiderano approfondire, facendo partecipare lo spettatore in prima persona. L’offerta di una guida virtuale renderebbe la visita un percorso didattico anche per gli utenti più piccoli.
Nell’annuario statistico italiano 2019 dell’Istat, dai dati del 2018 si scopre che sono i più giovani mediamente ad essere tra i fruitori più numerosi del patrimonio museale, archeologico e artistico. I ragazzi di 11-14 anni e quelli di 18-19 anni più frequentemente, almeno una volta l’anno, hanno visitato musei o mostre, rispettivamente il 53,5% e il 50%, rispetto al 24,6% dei 65-74enni. Soltanto il 6% circa degli 11-19enni dichiara di visitare un museo/mostra per più di 6 volte l’anno, contro l’11% circa degli ultrasessantenni. L’approdo sui social per gli enti è d’obbligo, visto che la comunicazione dei più giovani avviene sempre di più nel mondo del digitale. Risulta un processo inevitabile anche quello di integrare maggiormente le attività di realtà aumentata durante la visita dal vivo: oltre alla voce della guida nelle cuffiette anche degli occhiali o semplicemente lo smartphone per poter vivere e ricordare quell’istante di arte.

IL FUTURO: ESITI POSITIVI E NEGATIVI. Il post coronavirus anche per questo settore non sarà, almeno immediatamente, come il pre-coronavirus. Fabio Fassone, docente del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Pisa, intervistato da Massimiliano Zane per Artribune, afferma: “Oggi la nostra mente ha riassegnato i valori di significato e sensibilità a un semplice starnuto, il quale assume carattere di innesco per una emozione sostanzialmente diversa: la paura di essere contagiato. […] In poche parole, nell’immediato futuro è ipotizzabile che si aggiungerà un nuovo elemento, di carattere viscerale tra l’altro, al processo cognitivo di valutazione se frequentare o meno un luogo pubblico”. Immediatamente i luoghi della cultura non riscontreranno un boom di presenze dal vivo. Proprio per questo le nuove modalità di accesso online offerte dalla quarantena hanno ancora tempo per consolidarsi e offrire il massimo delle loro possibilità. Un lavoro crescente di creatività, unito all’uso delle nuove tecnologie, dovrà tenere viva la scintilla della cultura. L’emergenza COVID-19 sta mettendo a dura prova tutti i settori, ma per i musei e i luoghi della cultura può essere un’opportunità per accelerare quei cambiamenti che erano rimasti sospesi. È necessario sfruttare questo momento per progettare in modo strategico, strutturato e creativo. I nuovi professionisti della comunicazione aprono le porte della realtà virtuale.

Michela Dalla Benetta