
La terra dei fuochi e quella dei cuochi
il disastro climatico parmigiano
La terra dei fuochi e quella dei cuochi. È noto il disastro ambientale consumato nelle terre campane di camorra. L’ecocidio perpetrato dalla gang dei casalesi che ha avvelenato campi, colture, animali e umani del casertano. Sono pure tristemente famose le denunce e le analisi condotte da autorevoli centri di ricerca e scienziati che hanno stilato una lunga lista di prodotti e marche da non mangiare. Allo stesso modo delle tante contro polemiche e difese d’ufficio tese a confutare quelle gravi notizie, riconducendole in un quadro di orchestrate campagne mediatiche di disinformazione. Viva o abbasso la mozzarella di bufala, per dirla in estrema sintesi alimentare.
Molto meno noti e dibattuti sono viceversa gli effetti che dovrebbero avere sulle nostre produzioni agroalimentari tipiche i mutamenti climatici e segnatamente il continuo peggioramento della qualità dell’aria e dell’acqua caratterizzante la pianura padana. Certo qui da noi non hanno luogo le incivili e delinquenziali pratiche di smaltimento dei rifiuti bruciati lungo le strade o in discariche abusive. Tuttavia un territorio vocato alle produzioni tipiche agroalimentari si trova a essere classificato come uno dei climaticamente peggiori d’Italia. Fa testo al proposito la recente pubblicazione del rapporto sul clima curata dal Sole 24 ore (http://lab24.ilsole24ore.com/indice-del-clima/) che colloca Parma al 96° posto. Cioè in fondo ed è un fondo oscuro e pericoloso. Gastronomicamente un disastro.
L’Emilia-Romagna vanta infatti il più alto numero di doc, dop e igp d’Italia e d’Europa
L’Emilia-Romagna vanta infatti il più alto numero di doc, dop e igp d’Italia e d’Europa; e in tale contesto Parma ne ha il maggior numero. Quindi la notizia certificata nei giorni scorsi che i campi e gli animali che costituiscono la materia prima di due prodotti totem come il Parmigiano-Reggiano e il Prosciutto di Parma “respirano” male e “bevono” peggio dovrebbe preoccupare. Molto.
In realtà però si glissa. Si sorvola. Si fa finta di niente. La terra dei cuochi, infatti, mantiene un sussiego d’altri tempi. Convinta che i primati siano inossidabili e che basti fregiarsi del marchio Unesco per cavarsela e liquidare quei drammatici dati con un bel cenone lungo strada Repubblica. O parlare e straparlare di “eccellenze gastronomiche” di food valley.
Naturalmente non vogliamo fare i cattivi profeti e i seminatori di tempesta. Però è evidente che il cambiamento climatico dovrebbe indurre le associazioni degli agricoltori e dei produttori, i consorzi e le marche alimentari più note a fare discorsi nuovi e soprattutto porsi di fronte a quest’emergenza con idee e proposte che guardino al futuro. Partendo però dal dato di fatto che il climate change è già in pieno e devastante corso. E dunque, se non piove e pioverà sempre meno secondo le previsioni, bisognerà anche ripensare tutto il piano delle colture, che dovranno essere molto meno idrovore. E le coltivazioni a prato/foraggio, che sono la materia prima del Parmigiano-Reggiano lo sono in massimo grado. Certo si potrà continuare a spingere la leva della “narrazione”, del genius loci parmigiano, dell’irripetibile abilità dei norcini, casari e salumieri di Parma. Resta però il fatto che prosciutti, coppe, salami e forme di grana non stagionano più respirando arie verdiane e atmosfere marialuigesche, bensì pm 10 e polveri a gogò.
la questione delle automobili e del riscaldamento, dell’inquinamento industriale e dello spreco idrico impatta ormai pesantemente con un settore/mercato fondamentale per l’intera economia locale qual è quello del cibo
Esempi se ne potrebbero fare parecchi altri. Ma qui, fuor di metafora, vogliamo solo segnalare come la questione delle automobili e del riscaldamento, dell’inquinamento industriale e dello spreco idrico impatti ormai pesantemente con un settore/mercato fondamentale per l’intera economia locale qual è quello del cibo.
Quindi la necessità di consapevolezze assolutamente nuove è urgente almeno quanto la messa a fuoco e a punto di strategie e piani concretamente all’altezza di tempi che si annunciano molto rischiosi e pericolosi. Soprattutto se la classe politica e di governo locale non farà il salto di qualità e di visione che serve. Ovvero e per stare in tema non bassa, ma alta cucina.
Anonimo Parmigiano