La vendetta del disco nero

…e l’opinione dei dj storici di Parma

I

 l disco in vinile ha da poco compiuto i suoi 70 anni di vita.
Era il 21 giugno 1948 quando, in una conferenza stampa a New York, la Columbia Records lanciò il primo 33 giri e oggi la “retromania” e l’industria del vintage sono considerati un vero e proprio business.
Nell’epoca della musica liquida e della società iperconnessa il fascino del disco nero resta inalterato.
Anzi ne acquista di nuovo perché, in questi ultimi anni, ha saputo prendersi una personale rivincita.
Non siamo più di fronte ad un semplice “entusiasmo passatista” verso un formato alternativo, ma è una vera e propria conferma del vinile come uno dei principali formati musicali venduti sul mercato.

Frastornati dalle possibilità della società digitalizzata – che deve ancora staccarsi del tutto dalle abitudini di fine millennio – artisti, etichette e pubblico si coalizzano intorno al passato per sperare di avere un futuro.
Non è più un già visto ma, specie per i più giovani, una vera e propria scoperta.

Dopo un periodo di declino dovuto all’avvento di nuovi supporti e alla crescita del digitale oggi il vinile è riuscito a imporsi su una buona fetta del mercato discografico mondiale appassionando anche i cosiddetti “nativi digitali”. Qui i dati ci dicono che la troppa scelta fa si che essi uniscano sempre più ascolto in streaming e vinile che diversamente da vari media colpiti dalla rivoluzione digitale non è riproducibile. Caso unico nel mondo di oggi. Per il mercato ciò che conta non è la memoria, ma il presente, perchè oggi con il web, Netflix e via dicendo, tendiamo ad usufruire di qualcosa solo per il tempo che ci serve, senza possedere.
Questo ritorno appare quindi a metà tra il grottesco e il fascinoso avendo a che fare soprattutto con l’esperienza fisica dell’ascolto e dell’oggetto. È quasi “un’esigenza a resistere”, è la differenza che c’è tra il postare sui social la foto di una pietanza e degustarla, e per la generale distrazione del mondo tecnologico che viviamo questo ritorno diventa prezioso e dinamico.

Oggi la produzione di dischi in vinile incorre spesso in problemi di numeri e attese. Tuttavia il mercato è in ascesa e il successo di diverse startup fa ben sperare. Secondo Deloitte la vendita di vinili nel 2017 ha generato più di un miliardo di ricavi.
Secondo gli ultimi dati di Nielsen Music nel primo semestre dell’anno si conferma una crescita inarrestabile
Il 2018 sarebbe il tredicesimo anno con il segno più per la vendita di vinili e si prevede un ulteriore incremento del 19% rispetto al 2017. Dati che superano addirittura le vendite del 1990 e che erano stati anticipati dal grande successo del Record Store Day. In Italia nel 2017 sono stati venduti la bellezza di 13,4 milioni di dischi in vinile tra nuovo e usato. Una significativa fetta di mercato dunque. Certo lo streaming rimane al primo posto tra le modalità di fruizione (secondo il Global Music Report del 2017 almeno 110 milioni di utenti pagano un abbonamento a un servizio di streaming musicale).

Osservando perciò con giustificato entusiasmo questo fenomeno e più in generale quello della circolarità di un passato che ritorna sappiamo che il mercato attuale dipende quasi esclusivamente da precise nicchie di consumatori molto esigenti.
Se da una parte troviamo nuove fabbriche e start up che investono nel breve periodo, dall’altra abbiamo sempre più iperselezionati shop fisici e virtuali perché ciò che conta è l’esperienza che si fa e la selezione degli oggetti che vi si trovano. Il vinile è visto come sinonimo di autenticità, ritualità, per alcuni idealizzazione del passato.
I più giovani lo amano spesso in modo irrazionale semplicemente perché è più vivo di altre cose e oggi è diventato “oggetto di culto” e fa parte di un processo emozionale di interazione con l’oggetto stesso che ne garantisce il futuro.
Questo fenomeno può essere un motore di business, perché oltre la nicchia ben precisa di mercato, ci sarà una generazione intera pronta a scoprire e sostenere questo prodotto. Parliamo di adolescenti che interagiscono quotidianamente con la musica digitale. Non è un caso che all’inizio, nel 2008, la “resurrezione del vinile” coincida con il lancio e la crescita esponenziale di Spotify.

Una generazione che ha sempre convissuto con una realtà semi-virtuale e rimane affascinata dalla possibilità di “toccare” l’oggetto. Come se, essendo cresciuti in un’epoca dove la musica è accessibile dietro uno schermo, la possibilità di interfacciarsi con la fisicità del suono rappresentasse una novità. Una novità di cui ci priva il digitale. Questi giovani acquirenti sono i più interessati ad investire e un hard disk pieno di file scaricati (che probabilmente non basta una vita per ascoltarli) non è ormai più ciò che cercano. Scelgono a sensazione. Così come nelle classifiche di vendita dei vinili si fondono nuovo e vecchio come se fossero cose dello stesso periodo, cancellando ogni logica di tempo e gusti.

Per il futuro il vinile è anche importante sotto l’aspetto dell’innovazione del prodotto e per creare nuove opportunità. Ad esempio Vyril Technologies (di cui ha parlato anche Wired) una startup canadese ha inventato un macchinario totalmente robotizzato che si avvale di sofisticate tecnologie sofware per realizzare dischi in vinile con notevoli risparmi sui costi e tempi.
In Olanda abbiamo Vinylfy una startup che da un anno circa prende le canzoni proposte dai clienti e le mette su vinile. Altri servizi simili stanno nascendo cavalcando questo mercato.

Un altro dato che emerge è la capillarità dei luoghi di vendita.
Non ci sono più solo i piccoli negozi sopravvissuti all’estinzione (e ora celebrati ogni anno di più sulla stampa e sul web), ma oggi i vinili si trovano nelle librerie, nei centri commerciali e nelle catene. Una capillarità che dunque arriva facilmente anche ai giovanissimi.
Nel 2015, Music Watch ha riportato che i consumatori sotto i 25 anni acquistavano la metà delle vendite di vinili negli Stati Uniti. Tra il 2015 e il 2016 la vendita globale di vinili ha generato un giro d’affari superiore a quello dei download digitali e nel 2016 i vinili sono il supporto fisico che ha fatto registrare la maggior crescita.

Quello che sembrava un capriccio, un vezzo da hipster, si presenta invece come un trend incapace di fermarsi. Inoltre il vinile non essendo riproducibile restituisce un po’ il controllo della situazione alle case discografiche per le copie illegali.

A Londra è nata da poco la Vinyl Library una struttura no-profit, un luogo d’incontro, una comunità in cui condividere una passione, un’esperienza Un aspetto interessante sottolinea una delle due dj fondatrici è quello che le persone potranno far alloggiare i loro dischi senza doversi preoccupare di trovare nuovo spazio in casa o decidere di sbarazzarsene. Parlando con un gestore di un negozio di dischi diceva che il vinile usato è sempre più richiesto e ricercato. “Oggi quando vado in un appartamento o in casa di qualcuno che mi ha chiamato per offrirmi una collezione non è più come prima che tornavo con grandi quantità, capita sempre più raramente. Oggi è più facile che i vinili li voglia il nipote o il giovane appassionato di turno in famiglia che ne conosce il valore. A frenarmi dal comprare il vinile nuovo è ancora il prezzo e la saturazione del mercato delle ristampe”.

Una cosa interessante che ho notato all’estero è che il vinile e gli spazi che lo ospitano e lo sostengono sono strettamente legati a quartieri “alternativi” perché è proprio quì che concetti di autenticità, atmosfera, anima di un luogo diventano coinvolgenti. Sono luoghi in cui si scoprono le mode, dove i posti sono riconoscibili e non uniformati. Lì affonda le radici il ritorno del vinile, contrapposto a una “globalizzazione estetica” sempre più anonima fatta di migliaia di prodotti in cui ciò che cambia è solo un nome. Tanto poi domani ci sarà una qualsiasi intelligenza artificiale a mettere nel carrello per noi qualsiasi cosa diciamo.

La musica e più in generale la cultura oggi deve essere in grado di spiegare il suo valore aggiunto per sopravvivere in un tempo di grande innovazione. In questo caso la valutazione dell’impatto socio culturale è fondamentale per il futuro di un mercato come quello del vinile che fa parte una circolarità più ampia.

In conclusione il vinile come prodotto di nicchia in cui investire è esperienza e valore estetico, regala qualcosa di unico che oggi è sempre più ricercato. Parallelamente c’è il tutto subito dello streaming musicale di Youtube, in cui consumo di musica è in continuo aumento.

Guardandoci intorno abbiamo chiesto ad alcuni “addetti ai lavori” di Parma di darci un parere su questo fenomeno e alcune considerazioni ci riportano per così dire “con i piedi per terra” e ci aiutano ad interpretare meglio i dati relativi al vinile.

Marcello Giordani vive all’estero ed è la metà del duo elettronico Marvin & Guy, produttore, compositore, dj, collezionista ed ex gestore di un negozio di vinili usati in città. A suo modo di vedere «il cosiddetto ritorno del vinile penso sia semplicemente una cosa momentanea degli ultimi 8/10 anni. Ci sono sì tanti appassionati che contribuiscono alla ripresa delle vendite, ma alla fine non ci si vive e in generale rimane un supporto per pochi appassionati. Cultura invece lo è sempre stato e lo rimarrà sempre, è un oggetto speciale».
«Sul mercato ci sono poche possibilità di una sua maggiore diffusione, è scomodo, pesante da portarsi in giro e costoso. Le nuove generazioni hanno nel 99% dei casi un account Spotify e va bene così, probabilmente sarei anch’io così se avessi 20 anni di meno», confida Marcello.

«La tanto pubblicizzata ripresa del mercato del vinile personalmente la vedo soprattutto ad uso e consumo delle “solite” multinazionali che stampano e mettono in vendita attraverso la loro rete prodotti discografici, magari arricchiti da piccoli miglioramenti, promuovendo il fenomeno sulla stampa specializzata e non» spiega Robert Passera, dj tra i più autorevoli del panorama italiano, producer, ed ex commerciante. «Ovviamente la “moda” aiuta anche le etichette indipendenti nuove e vecchie». Per la gioia di molti appassionati.
«Penso anche che il fenomeno tutto sommato sia iniziato relativamente da poco e tanto materiale sia ancora da ripubblicare», continua Robert «diciamo che forse deve ancora arrivare a toccare il suo apice. Solo allora si capirà quali possibilità reali ci possono essere per il futuro di questo formato. Ciò che manca nel “villaggio globale” spesso è un’educazione musicale all’ascolto, alla comprensione dei contenuti musicali, soprattutto a partire dai media ufficiali preposti alla promozione e diffusione della musica e in grado di raggiungere tutti gli strati sociali.»

«Lo stimolo migliore anche per le nuove generazioni è sicuramente nella combinazione creativa tra digitale e vinile» conclude Robert. La pensa così anche Robi Bonardi, dj, regista, autore, critico, consulente, direttore artistico e creativo del panorama musicale italiano e nonché “pioniere” del vinile in Italia. «Il vinile dovrà inevitabilmente convivere e coesistere con la modernità. Le cosiddette riscoperte generazionali che si instaurano nell’ambito dei “ritorni di fiamma” sono quasi sempre una sorta di rivalutazione coscienziosa legata spesso a una strategia di mercato. Il fenomeno dei “corsi e ricorsi” di formati legati al suono va attualizzato, confrontato tramite le innovazioni tecnologiche e le possibilità digitali. La contemporaneità è fatta dal confronto fra questi due mondi, in una mescolanza di suono immaginato e una presenza fisica».

Il poco tempo libero a volte non si misura più con gli orologi, ma con le vibrazioni positive.

Come quelle che mi investivano quando, anni fa dopo il lavoro, passavo per un saluto, un ascolto e un disco al Midnight Records di via Isola. Sconosciuto ed essenziale luogo di formazione, come credo tutti i negozi di dischi. Poi abboniamoci anche ai servizi digitali. Perché oggi capita ancora troppo spesso che i luoghi fisici non abbiano vita facile.

I dischi servono per uscire dalla dimensione spazio temporale.

Quando tra non molto ve lo dirà un influencer digitale i vinili non saranno già più interessanti. 

 

Enrico Ghidini