Le mani degli stakeholder (d’affari)
sulla città (Parma e dintorni)

L’incipit me l’ha offerto il vice sindaco Marco Bosi instradato . Un tragitto – scandisce l’Assessore allo Sport – indicato dagli stakeholder. Ecco, molto candidamente Bosi ci conferma che sono proprio e solo gli stakeholder (d’affari) a disegnare la città. A loro immagine e somiglianza.
Gli stakeholder parmigiani ti dicono che ci vuole lo stadio Luna Park con tanto di sponsor che cambia il nome al Tardini, che ci vuole l’aeroporto Cargo e tutta la logistica correlata. Che ci vogliono dighe in Appennino; che serve la quarta corsia dell’Autosole e, intanto che ci siamo, anche la via Emilia Bis. Per gli stakeholder è inoltre urgente la fermata Fiera della Tav, e tante altre infrastrutture a forsennato consumo del suolo. 
Senza valutare che è proprio l’intera cosiddetta Food Valley che dovrebbe essere ripensata, rivoluzionata e rigenerata rispetto al logoramento e sfruttamento di una terra altrimenti senza futuro.
Ma gli stakeholder si fanno un baffo della Cop26, del grido di dolore della terra martoriata, dell’inquinamento, del riscaldamento globale, e hanno già raffigurato anche la super Tibre autostradale e chissà cos’altro d’immaginifico uscirà dal loro spietato cilindro affaristico da qui alle elezioni comunali del prossimo anno. 
I speculativo hanno trovato spazi chimicamente fertili qui da noi, in quella che una volta veniva definita la petite capitale. Infatti, la crisi politica ha aperto le porte al grillismo padano, facendo vincere un sistema amministrativo politicamente impreparato. In questo vuoto a perdere gli stakeholder hanno nuotato in libertà. E continuano a farlo cercando un bottino grosso alle prossime elezioni amministrative: il comando totale di una città senza futuro. I loro programmi hanno raggiunto un’astuzia tale da diventare intercambiabili sia per un’alleanza di centro-sinistra sia per fronti di destra. 
Ma, direbbero quelli della Crusca parmigiana.
Infatti, anche se sommassimo tutte le varie aspirazioni degli stakeholder sappiamo benissimo che non avremmo mai una visione d’insieme di Parma. Una città che ha già smarrito il brand di comunità solidale e innovativa.
I portatori d’interessi sono, proprio per la loro stessa natura, settoriali e in contrapposizione l’uno con l’altro. Il risultato, mettendo tutti i loro progetti in fila, è un puzzle amorfo di territorio emiliano in ulteriore declino culturale.
Invece, la Politica dovrebbe operare per delineare un progetto collettivo e complessivo del futuro di Parma, una visione d’insieme di quella città-territorio (provincia compresa) che dovrebbe rinascere attraverso una rigenerazione-innovazione-rivoluzione green per far fronte alla crisi climatica, sociale ed economica.
E non solo.
Usando le parole scandite da Elly Schlein durante la festa parmigiana del quotidiano DOMANI, direi che è urgente una Politica ecologista del fare, femminista e intersezionale. 
Parma sta cambiando antropologicamente e la Politica deve saper leggere e intervenire anche nella società in mutazione. 
Le furbizie degli stakeholder mercanti (l’egologia è la loro filosofia) non tengono mai conto delle persone, degli anziani, dei giovani e degli ecosistemi. Gli individui e l’ambiente-natura per loro sono numerini di un grande affare per pochi.
Prendi i soldi e scappa direbbe Woody Allen. 

Alberto Corini