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Molto Petite, poco Capitale

Fotografia di una città senza memoria fotografica.
Per un atlante di immagini e grandi fotografi parmigiani a rischio di scomparsa.

Nelle pieghe della “petitecapitalite” (già, chissà perchè vogliamo sempre essere la petite capitale di qualcosa…) possono sfuggire cose importanti, la storia, il passato, i tesori locali.
Prendiamo l’Immagine, dove, per molto tempo, Parma è stata all’avanguardia in Italia – e non solo- con il Csac, quella magnifica cattedrale delle idee costruita da Arturo Carlo Quintavalle .
Una abbazia che ha incassato le opere di monaci della fotografia come Man Ray Florence Henri, Nino Migliori, Luigi Veronesi, Uliano Lucas e Luigi Ghirri fino agli archivi della Pubblifoto.
Una attenzione alla Immagine prima di tutti e meglio di tutti.
Poi nel settore – sicuramente anche perchè ci siamo sentiti adagiati proprio sul suono della parola capitale – ci hanno superato Reggio e Modena, con rassegne e raccolte di respiro internazionale . Col vetriolo si potrebbe dire Parma è finita con l’essere più petite che capitale.
Di fronte ad uno smodato uso di immagini di sé (social, annunci, eccetera) da un decennio c’è meno attenzione alle immagini del se, ai dubbi del passato.
Come se venisse privilegiata l’immagine positiva, liftata, al posto della ruga della storia, del documento, della contraddizione che aiuta la ricerca.
E questo in una Parma che vanta un patrimonio fotografico che ha pochi eguali in Italia, ma non sembra interessare nessuno. Parliamo allora di questo atlante delle possibilità perdute, certi che finiremo col dimenticare qualcuno …
Le raccolte di Carlo Bavagnoli, unico fotografo italiano nella redazione di Life (autore di stupendi volumi tra i quali la bibbia “Cara Parma”), acquistate dall’allora Cassa di Risparmio non hanno mai trovato una sede stabile dove essere mostrate.
Di Walter Mori, parmigianissimo, per quasi 30 anni fotografo di Epoca e autore di immagini eccezionali dei grandi della letteratura ( penso agli scatti ad Ezra Pound a Venezia, eccetera) o di reportage nell’Africa nera, nessuno sembra sapere nulla in questa città e le sue immagini sono sfogliabili solamente sul sito della Mondadori.
E ci sarebbe anche da dire delle foto scattate nel corso di 70 anni dal principe dei cronisti italiani Bernardo Valli, fratello d’Oriente di Tiziano Terzani (basterebbe dare un’occhiata al libriccino “Il mio Novecento” edito da Archinto per capire di che tesoro assoluto stiamo parlando). Già, solo una rassegna di queste tracce avrebbe risonanza non solo italiana.
Altro tesoro immenso le raccolte fotografiche nella sede mondiale dei Saveriani, con un particolare plauso a quelle di Angelo Costalonga che ha documentato come pochi la vita delle missioni in varie parti del mondo . E un raccordo col Museo etnografico e cinese è uno snodo fondamentale per il rilancio delle immagini di formato e respiro non provinciali.
Per rimanere alle vocazioni internazionali come non citare Giovanni Lunardi (famoso il suo reportage con le modelle portate sui luoghi della guerra del Vietnam, grazie ad una intuizione di Pier Boselli). Giovanni Lunardi è anche stato uno straordinario cantore della Parma anni Sessanta, se proprio vogliamo dire dove è iniziato il volano della grandeur vera o presunta della città, Lui, che vive negli Usa, ha iniziato a tracciare su carta sensibile l’anima di Parma.
Poi uno che il fotoreporter l’ha fatto sul serio anche se non se ne vanta. Parliamo di Gino Ferri da Pizzo di San Secondo autore di memorabili foto dal Bangladesh e di altri servizi acquistati da agenzie internazionali
Come fotografi di dimensione internazionale sicuramente il parmigianissimo e pluripremiato Marco Gualazzini che ha saputo raccontare il continente Africa come pochi, pubblicato spesso dal New York Times e approdato all’agenzia Contrasto
E ancora Alessandro Gandolfi che col suo Parallelo zero colleziona la pubblicazione di suoi servizi per varie testate europee e non solo.
Poi aggiungerei Edoardo Fornaciari che giovanissimo si è conquistato la copertina di Time ed ha documentato parecchio decenni di vita nel mondo, a Roma e nella nostra città.
E ancora Michele Sibiloni che vive e fotografa in Africa da anni con uno sguardo e una capacità inimmaginabile da noi.
Oppure Erberto Zani che continua a vincere premi e citazioni per la sua attenzione ai derelitti e alle contraddizioni del globo.
Di respiro internazionale, pensiamo alle sue ricerche su Hemingway o Parigi o il Burkina Faso, le immagini di Franco Furoncoli. Allo stesso modo di Cesare Di Liborio che ha realizzato importanti mostre all’estero e di Arturo Delle Donne, con i suoi ritratti di personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura tra cui Wim Wenders, Mario Monicelli, Ernest Borgnine, Bernardo Bertolucci, Daniel Pennac.
Ma veniamo al locale. Dove ogni foto di grandi cronisti irradia elementi storici e di conoscenza. E qui entra prepotente Giovanni Ferraguti che per quarant’anni ogni giorno ha raccontato per la Gazzetta la vita della città e della provincia,
Il suo tesoro è oggi costituito da migliaia e migliaia di immagini stampate e custodite gelosamente in centinaia di scatole ( i negativi si sono persi, gettati nella smania di modernizzazione da qualche manager di uno dei più antichi quotidiani italiani, forse lo stesso che a differenza della Gazzetta di Mantova non ha provveduto ad un piccolo Museo della stampa che qui a Parma si sarebbe bene integrato con quello Bodoniano…), Giovanni Ferraguti non ha nulla da invidiare ai grandi fotografi italiani, cito un nome su tutti quello di Federico Patellani, i suoi scatti sono spesso istanti che diventano storia, altissima documentazione.
A fare il paio con le sue immagini, quelle di Romano Rosati, fotografo per decenni della redazione parmigiana del Resto del Cralino e autore tra le altre cose di una monumentale opera dal titolo “Camera oscura- fotografia e fotografi a Parma dal 1839 al 1920”. Rosati oltre che autore di scatti indimenticabili sulla storia della nostra città, negli anni ha realizzato una collezione di immagini tra le più belle e complete in Italia, dal dagherrotipo alla polaroid e ritorno. Un vero patrimonio non solo per la città.
Sarà bene raccogliere anche il materiale di Luigi e Marco Vasini, quest’ultimo dal 2008 il miglior cantastorie su 10 immagini negli eventi cittadini.
Quanto a documentazione della storia della città impossibile dimenticare il lavoro magari anche esuberante di Beppe Fontana e qui si apre il fronte del lavoro importantissimo effettuato dagli studi storici della città penso a Claudio e Alessandro Carra, costruttori di materiale davvero unico sia sul fronte dei paesaggi cittadini che su quello del pozzo senza fine dei ritratti di parmigiani. Altro patrimonio da tutelare quello dei Montacchini, legato alla lirica . Una menzione merita anche Mario Ghiretti e last but not least lo straordinario archivio della memoria cittadina di Giovanni Amoretti.
Il pericolo è che queste cose vengano disperse nei prossimi anni e non ci siano più le persone in grado di organizzarle, penso ad Alberto Nodolini, anche lui collezionista di foto di livello e grande conoscitore della fotografia cittadina e non solo penso ai suoi rapporti con Attilio Concari o Rocco Mancino, Marco Fallini, Gianni Pezzani.
Tra arte e cronaca anche il lavoro quarantennale di Lucio Rossi dall’Antelami al ..”Sordo”, ai preziosi scatti col banco ottico.
Non certo ultimo quel grande obiettivo e organizzatore di eventi fotografici che risponde al nome di Gigi Montali altro rabdomante che tanto avrebbe da dare e far conoscere sui fotografi parmigiani.
La foto di gruppo non può dimenticare Paolo Gepri, Giulio Nori o giovani come Luca Bertozzi e tantissimi altri. E tutto questo senza contare la vivacità dei circoli fotografici in città e provincia.
Sarebbe ora anche di aprire un capitolo sulla fotografia femminile a Parma, magari partendo, come riportato in un volume, da una “fotoreporter “che segui Maria Luigia nella sua venuta nella nostra città. In questa scia cito- anche per le tantissime che si sono affacciate sulla scena non solo parmigiana- il lavoro decennale di Caterina Orzi o Linda Vukaj o Luana Rigolli, Alice Pavesi, Anna Rita Melegari.
Di contenitori ce ne sono in abbondanza, di contenuti non sempre. Il contributo che potrebbe dare la fotografia alla storia della città non è secondario. Chiamatelo museo, casa, fondazione ma fate qualcosa su cui magari innestare qualche discorso sulla valanga di immagini digitali.
Clic: capitale o petite,…
Vedrete, non se ne farà nulla e continueremo a parlarne inutilmente, come da anni a questa parte, con Gabriele Balestrazzi.
Che non è una bella immagine. 

Antonio Mascolo