
Musica maestro! C’è vita a Parma oltre l’Aida.
A Parma non esiste solo Giuseppe Verdi. Anche se a molti non sembra.
Prima che la pandemia scatenasse la sua furia devastatrice, la nostra città sembrava pronta a diventare un epicentro della musica dal vivo in Emilia non solo nell’ambito della musica colta, ma anche nelle aree definibili come rock e popolari.
L’articolo ( http://pidieffe.eu/come-sta-la-musica-dal-vivo-a-parma/) di Alessandro Vincenzo aveva illustrato in modo esaustivo la necessità per Parma di arricchire la propria offerta con proposte innovative, che potessero anche disancorarsi da quella tradizione classica e operistica che ha sempre contraddistinto la storia musicale della città.
Al di fuori di club verdiani e anziani melomani indomabili esiste un pubblico “altro” che può e deve essere ascoltato.
La strada intrapresa sembrava quella giusta.
Verso un nuovo rilancio
Il giovane popolo emiliano, appassionato di rock e suoni alternativi, ha sempre cercato conforto e rifugio nella musica suonata dentro circoli Arci, ex fabbriche ristrutturate e feste dell’Unità, da sempre cuore attivo e pulsante di questo territorio.
Per decenni l’Emilia è stata teatro di esibizioni ed eventi per cui tutta Italia ha provato invidia, gli anni Ottanta vedono arrivare U2 e Police a Reggio Emilia e Modena, nel decennio successivo sempre dalle stesse città passano David Bowie, Metallica, Black Sabbath, Radiohead e Nirvana, mentre Parma resta come sempre a guardare, confermandosi residenza di chi deve sempre spostarsi per vedere qualcosa di significativo.
Solo negli ultimi anni l’apertura di nuovi festival, rassegne e locali, cosi come la riorganizzazione di quelli già esistenti, hanno donato nuova linfa vitale al settore, rendendo il nostro territorio uno dei punti di interesse musicale più importanti e attrattivi della regione.
I locali
Fino a poco più di un decennio fa il fregio di capitale del live club emiliano per eccellenza è sempre spettato a Reggio Emilia.
Gli esempi a sostegno di questo riconoscimento sono tanti: a partire dall’antichissimo club Corallo di Scandiano che aveva dato il via alla sua attività nei lontani anni Cinquanta, passando per il Tempo Rock di Gualtieri, metà di raduno storica per tutti gli amanti del rock e del metal, fino ad arrivare al Fuori Orario di Taneto di Gattatico, uno tra i circoli Arci più importanti e longevi del nostro paese. Palchi come questi, ai tempi, attiravano giovani da ogni parte d’Italia, costruendo cultura, socialità e permettendo alle band locali di crescere e farsi conoscere. Erano realtà come queste a connotare l’Emilia come la terra della musica dal vivo.
Purtroppo la successiva chiusura e trasformazione delle stesse hanno decretato una stagione di declino per tutto il contesto reggiano, costretto ormai oggi a contare sulle dita di una mano i locali ancora capaci di garantire un’offerta valida e interessante, come, ad esempio, I Vizi del Pellicano di Correggio, il Circolo Kessel di Cavriago e il Marasma 51 di Codisotto.
Sulle cause di questa crisi ci sarebbero da spendere litri di inchiostro, il fatto è che Reggio e in parte – lo vedremo – anche Modena non sono più attrattive come un tempo: vuoi la depressione economica del 2008, vuoi la scarsa curiosità dell’ascoltatore medio verso le nuove proposte, vuoi che i generi offerti non tirano più come allora, vuoi tante altre cose.
A proposito della crisi vissuta da Modena, anch’essa detentrice di una storia di concerti fenomenale, si era espresso Roberto Menabue, titolare di Dischinpiazza, principale negozio di musica della citta, che in un’intervista pubblicata su Il resto del Carlino a luglio 2021, dichiarò le seguenti parole:
“Modena è stata negli anni ’80 e ’90 una capitale nazionale del live, ma ora la città della musica è morta. Non c’è praticamente nulla da anni ed è grave per un luogo che si percepisce internazionale. Parliamo solo di motori e cibo mentre centri come Bologna, Reggio, Ferrara, Parma, Pistoia, Lucca, ma anche Soliera e Carpi vicino a noi, hanno festival e appuntamenti che la città del Modena Park si sogna. Siamo estrema periferia“.
Un’amara constatazione, riferita più alla scarsità di festival che non di locali e live club, che evidenzia quanto fortunatamente la provincia, al contrario della città, riesca però ancora a proporre un’offerta ampia e attrattiva. Ritrovi come il Vox di Nonantola, il Mattatoyo e il Kalinka di Carpi confermano una scena concertistica ricca e invitante, capace di richiamare nomi importanti sia italiani che internazionali.
Il declino descritto da Roberto sembrerebbe di fatto aver colpito più il capoluogo che le zone extraurbane.
E Parma? Come dicevamo all’inizio, la città ducale sembra aver risalito una china in cui era rimasta sprofondata quasi da sempre.
Dalla seconda metà degli anni dieci la città ha iniziato a pullulare di circoli Arci, locali e club in cui organizzare date ed eventi di vivo interesse. Inizialmente a dominare la scena vi era principalmente l’Onirica, unico locale in zona capace di richiamare l’attenzione sul mondo dell’underground musicale. Ora la proposta è decisamente più ricca, di livello e pronta spesso a mettere sul piatto nomi di respiro internazionale.
Il Campus Industry Music, nato inizialmente come sala prove e poi divenuto nel tempo un vero e proprio club da concerti, ha reso la nostra città una tappa ineludibile per numerosii artisti nazionali e stranieri, oltre che per appassionati di musica provenienti da tutta Italia. Grazie allo spirito e al coraggio dei gestori, vedere arrivare nomi come Marlene Kuntz, Sinead O’ Connor e John Mayall non è più impresa impossibile. Il principale elemento di forza di questo locale è stato puntare su un’offerta diversificata e capace di soddisfare i palati più diversi, a partire da artisti del panorama rock più classico come Skid Row e Killing Joke, passando per nomi emergenti del metal contemporaneo (Leprous, Soulfly e Tesseract in primis) fino ad arrivare alle ultime voci di grido del panorama hip hop e trap italiano, come Tedua, Sferaebbasta e Ensi.
Sinead O’ Connor al Campus Industry Music
Lo Splinter Club, altro importante punto di ritrovo Arci della città, prima della pandemia, quasi ogni weekend organizzava serate in cui far suonare gruppi appartenenti alle scene più underground e di nicchia, con una particolare predilezione per generi come punk, garage e metal, senza tra l’altro disdegnare raggae e hip hop. Giusto per capirci in piazza Bruno Mora sono passate realtà emergenti poi divenute di risonanza internazionale, come i Molchat Doma, allora sconosciuti, oggi diventati band culto per tutti gli amanti del post punk più contemporaneo. Altri esempi si sprecherebbero. Ciò che conta è che se oggi abiti a Parma e ami la musica, non vivi in periodi pandemici e nel weekend non sai cosa fare puoi sempre andare allo Splinter che una soluzione te la offrono sempre.
Lungo le prime campagne che portano fuori dal perimetro urbano, trova spazio poi il Postwar Cinema Club, locale dall’abito decisamente più elegante e ricercato rispetto allo Splinter, ma altrettanto capace di regalare serate ed eventi di tutto rispetto,
Il Postwar Cinema è un ex cascina ristrutturata che si presta molto bene sia ad eventi all’aperto, per esibizioni più intime e racchiuse, sia a concerti al chiuso, per le performance più esagitate e fisiche. La sua proposta è molto diversificata, passando da serate house e techno in compagnia di dj locali fino ad arrivare a microfestival screamo/post hardcore ed esibizioni in unplugged, come il meraviglioso concerto in acustico tenuto da Steve Wynn – ex leader fondatore dei Dream Syndicate – quest’ultimo autunno.
Circoli come lo Zu, l’App colombofili e il Mu vanno infine a chiuder il cerchio di una città che ora si circonda di un’offerta musicale a trecentosessanta gradi con serate ed invenzioni da fare invidia a tutto il Nord Italia. Un esempio che non si può evitare di menzionare è il Pop Punk Mosh Party, organizzato presso i circoli Arci della città, che, ogni due o tre mesi, richiama giovani seguaci di metalcore e punk melodico provenienti da ogni parte d’Emilia, Lombardia e Veneto.
La locandina di un’edizione del PPMP
La musica dal vivo oggi a Parma, Reggio Emilia e Modena. I cursori rossi indicano i live club, mentre quelli blu indicano i festival.
Parma
Reggio Emilia
Modena
I festival
Negli ultimi anni la presenza di festival ed eventi musicali si è ormai ben consolidata in città e provincia, con un’offerta sempre più ricca e differenziata.
L’appuntamento più storico e rinomato è senza dubbio il Barezzi Festival, organizzato da ormai tredici anni nei due teatri verdiani per eccellenza; il Teatro Regio e il Teatro Verdi di Busseto. Capace di coniugare tradizione e innovazione come poche altre rassegne in Italia, è divenuto nel tempo un punto di riferimento imperdibile per tutto il circuito degli eventi musicali italiani ed europei.
Gli artisti portati a casa dal festival di ispirazione verdiana non reggono il confronto con quanto proposto dalle altre città emiliane: si parte dagli Echo and The Bunnymen e dai Notwist per arrivare ai nomi più di punta dell’attuale panorama musicale italiano e internazionale, come Fontaines DC e Iosonouncane nell’ultima edizione 2021.
Se il Barezzi mira ad accontentare i palati più sopraffini, appuntamenti come il Parma Music Park e Città della Musica, entrambi nati nel 2019, puntano a soddisfare le richieste sia del pubblico più giovane che di quello più maturo, spesso in cerca di artisti e band di un certo calibro che però difficilmente passano da città che non siano Milano, Torino o Roma.
Reggio Emilia, Piacenza e Modena producono costantemente eventi e rassegne, che, per quanto valide e interessanti, non richiamano lo stesso livello di attenzione e hype di quanto la nostra città organizzava e stava organizzando prima dell’arrivo del virus.
Micheal Kiwanuka, Kraftwerk, Sting, Soulfly, Cannibali Corpse sono solo alcune delle date portate a casa in questi ultimi anni o riprogrammate per il prossimo futuro di riaperture.
Il momento in cui Parma può guardarsi allo specchio con orgoglio e senza mostrare alcun sentimento di inferiorità nei confronti delle cugine d’oltre Enza è quindi arrivato, ricordando a se stessa che c’è vita oltre l’Aida.
Lorenzo Biacca