
Parma: 2 mila molto ricchi e 32 mila poverissimi
Negli ultimi due anni è salito il divario tra ricchi e poveri e la metà delle famiglie a Parma vive con meno di 2 mila euro al mese. Parma è una città ricca, ma in modo non omogeneo e diseguale. Lo diceva il 2° Rapporto della Caritas di Parma sulle Povertà e sulle Risorse presentato alla fine del 2018. Secondo le stime prodotte da Pier Giacomo Ghirardini, funzionario e responsabile dell’Ufficio Osservatorio sul Mercato del Lavoro dal 1997, 32 mila persone a Parma vivono in condizione di povertà. Ovviamente con tutte le diversità statistiche del caso, sulle quali è interessante riflettere. A partire dal momento in cui è parso che il paese stesse riprendendosi dalla grande crisi del 2007. Ma fermandosi esattamente al punto in cui con lo scoppio della pandemia di coronavirus tutto sta ritornando al punto di partenza, forse più basso della storia italiana e di Parma, dal secondo dopoguerra in poi. Su questo avremo però modo di ritornare dopo che nei prossimi mesi sperimenteremo dal vivo e di persona i costi, anche umani e sociale, che dovremo pagare alla pandemia.
Il 2017 è stato l’anno di ripresa del Pil (1,6%), il più significativo dopo la grave crisi del 2008/2009 e del 2012/2013, con stime di un leggero miglioramento negli anni successivi, oggi però del tutto vanificate
Prodotto interno lordo (PIL) in Italia-Anni 2004-2017
Nello stesso anno è aumentato in Italia il numero degli occupati dipendenti a 371 mila unità, principalmente per effetto della crescita del lavoro a contratto determinato (298 mila in più rispetto agli anni precedenti). A Parma la crescita lavorativa è statA di oltre 8000 unità.
A inizio di quest’anno l’Istat ha certificato un aumento storico dell’occupazione, con il il 59,4% il valore più alto registrato dall’inizio delle serie storiche, nel 1977. Nello stesso periodo quello emiliano-romagnolo ha fatto ancor meglio, attestandosi al 71.3%. Un record assoluto anche sul versante della disoccupazione ridottasi al 4,8%.
https://statistica.regione.emilia-romagna.it/notizie/2019/occupazione-emilia-romagna-primo-trimestre-2019
Il lavoro che però viene offerto ai cittadini emiliani e parmigiani è “povero” e ciò lo si vede dai bassi stipendi riconosciuti alle giovani generazioni. Si può dunque affermare senza tema di smentite che se Parma e il parmense continuano essere un territorio ricco è per merito dei nonni e padri degli attuali abitanti del ducato. Sono infatti i patrimoni accumulati dalle generazioni precedenti che consentano alla città di mantenere una buona posizione nel ranking europeo della ricchezza. Ancorchè costantemente calante negli ultimi 30 anni. Secondo le stime di Eurobarometro-Eurstat, che annualmente vengono rielaborate dalla Camera di Commercio, Parma per produzione di Pil nel 1992 era la 57esima città più ricca in Europa, ma nel 2007 era scivolata al 149esimo. Con tendenza progressiva allo scivolamento verso il basso nel decennio successivo.
L’anno scorso per quanto riguarda il Pil annuale, in Italia, la provincia di Milano era al primo posto, seguita da Monza, Bologna, Lecco, Parma e Bolzano. La nostra città è dunque ai primi posti della classifica delle province italiane per valore pro-capite, ma rispetto alle zone d’Europa più ricche, la città di Parma continua ad arretrare.
D’altronde, Parma, come la maggior parte del Paese, segnala perduranti difficoltà a riprendersi dalla Grande Depressione del 2007, ovvero a ritornare ai livelli pre-crisi: come dimostra, appunto, l’aumento della povertà. I poveri italiani sono assai più vecchi dei poveri stranieri, con una maggiore accentuazione al Nord, tra cui la città di Parma. Circa 1,7 milioni di famiglie italiane non possono permettersi un paniere di beni e servizi essenziali. In maggiore difficoltà sono gli immigrati: tra i 4,9 milioni residenti nella Penisola ben 1,6 milioni sono poveri. Una povertà che, secondo i dati della Caritas si distribuisce in modo diverso a seconda dell’età: fino ai 44 anni sono gli utenti stranieri ad essere più rappresentati con una percentuale del 70,8% contro il 32,4% di italiani, mentre dai 45 anni in su si capovolge il rapporto: il 67,6% è costituito da italiani rispetto il 29,2% degli stranieri. Il 47,5% degli utenti della Caritas risiede nel Comune di Parma, il 55,2% è costituito dall’utenza italiana e solo il 10% risiede nel resto della provincia.
Più in generale e senza particolari differenze fra italiani e immigrati, le richieste di aiuto sono in questi ultimi anni aumentate notevolmente.
Ma quali sono le stime della povertà per quanto riguarda la realtà di Parma? L’ ISTAT non produce informazioni dettagliate. L’unica stima è a livello regionale, ma il margine di errore è elevato.
In provincia di Parma, nel 2017 si contavano 9.382 famiglie in condizione di povertà sulle 203.963 famiglie residenti.
Secondo il Rapporto annuale 2020 di Italia Oggi (https://www.italiaoggi.it/qualita-vita),che prende in considerazione 82 indicatori di base, fra cui lavoro, occupazione, reddito e risparmi, Parma è nella classifica generale al 20° posto, mentre invece per l’analogo rapporto del Sole 24 Ore, basato su 90 indicatori, è al 7°, come era nel 2016 (https://www.ilsole24ore.com/dossier/qualita-vita-2019-ABSYLWeB#) .
Queste due classifiche, le due più autorevoli, sono dunque discordanti e le abbiamo evocate, anche per ricordare, con Trilussa, come le statistiche possano falsare la realtà, se mal lette. Riuscendo però a dare un’idea complessiva del problema esaminato, come ha ben detto lo scrittore americano Gregg Easterbrook: “se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa”. Ed è quello che faremo ora.
Secondo i dati descritti su Edizione Emilia Romagna #truenumbers (http://emiliaromagna.truenumbers.it/ricchi-a-parma-redditi-comune-per-comune/), a Parma, nel 2017, il reddito medio calcolato è stato di 25mila e 245 euro. A fronte di un reddito regionale di 22.400 pro-capite e nazionale di 18.500 (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2019/2019-0008/1908-emilia-romagna.pdf).
Circa 2 mila persone hanno dichiarato un reddito superiore a 120 mila euro, più di 43 mila cittadini invece hanno dichiarato tra 15mila e 26mila euro, mentre 30 mila contribuenti del comune di Parma si sono collocati tra 0 e 10 mila euro.
“Se vuoi ispirare fiducia, fornisci molti dati statistici. Non importa che siano esatti, neppure che siano comprensibili. Basta che siano in quantità sufficiente”, diceva Lewis Carrol, scrittore, matematico, fotografo, logico e prete anglicano britannico dell’età vittoriana.
Ma battute a parte vediamo come i parmigiani investono i loro soldi.
Buona parte degli investimenti delle persone e famiglie parmigiane più ricche sono immobiliari, mercato questo molto appetibile per la presenza dell’Università e quindi dell’elevata richiesta di appartamenti da parte di studenti provenienti da vari luoghi d’Italia. Ma ciò determina numerosi problemi e distorsioni. Un elevato numero di case restano vuote, perché gli affitti a breve termine sono più redditizi di quelli a lungo termine. Il diffondersi di bed&breakfast e di Airbnb nel centro storico di Parma, accentuano poi il calo della popolazione residente in modo stabile, anche per la carenza di soldi pubblici a sostegno degli affitti.
L’incidenza degli sfratti di Parma è superiore alla media regionale. Sono diversi infatti i problemi di alloggio e altrettanti sono stati gli interventi di emergenza. Ma qui il dato che dovrebbe vedere un impegno che anni forse decenni non si vede riguarda lo stato dell’edilizia di proprietà pubblica: 550 appartamenti attualmente bisognosi di ristrutturazioni.
Ma ulteriore fattore di diseguaglianze crescenti è dato dall’invecchiamento della popolazione a cui corrisponde un’alta percentuale di pensioni di basso importo. Risultato ovvio di questa distorta progressione è stata ed è l’aumento delle persone in stato di bisogno.
Il vescovo Enrico Solmi ha esortato – ma difficile dire quanto è stato e sarà ascoltato – che “serve l’impegno di tutti per aiutare queste persone, perché dietro i numeri ci sono volti”.
Ma se gli investimenti immobiliari sono di gran lunga preferiti dai parmigiani, subito dopo per rilevanza ci sono le giacenze bancarie. Come nel resto del paese la gran parte degli italiani
pur di non rischiare in qualsiasi tipo di investimento, lascia “dormire” il denaro in banca. Senza curarsi che così facendo, come ricorda Bankitalia, creano un danno a loro stessi e all’economia (https://bit.ly/2XmkrwD).
A fine 2018 si evidenziava una liquidità in continua crescita, tanto da raggiungere la cifra di 1.476 miliardi di euro fermi sui conti correnti, che corrispondono all’80/90 % del Pil annuo del Paese. Gli italiani si confermano quindi un popolo di risparmiatori che continua a navigare in un mare di liquidità. Mentre il paese rischia però di affogare nel dopo-coronavirus.
Instabilità politica, bassa propensione al rischio, minore fiducia nei mercati finanziari e anche nella classe politica e di governo: sono le principali cause che, dopo la grande crisi del 2008-2009, hanno fatto lievitare la massa di liquidità di 300 miliardi circa.
Con i dati aggiornati al 30 giugno 2019 del Gruppo Mutui Online, una ricerca elaborata da ConfrontaConti.it dice che : “i nostri conti correnti raggiungono cifre record: boom del saldo medio e attivo e di richieste nel Nord Italia”. Secondo l’Osservatorio, il saldo medio è di 15.869 euro, il valore più alto registrato dal 2011.
Ma ancor più sorprendente di una ricchezza tenuta sotto chiave, non impegnata o poco in investimenti produttivi e in imprese innovative, è la relativa povertà, se ci si passa il paradosso, di benessere immateriale, culturale e di sicurezza. Il citato rapporto di Italia Oggi 2020 colloca infatti la città ducale in posizioni poco onorevoli. Addirittura nel settore giustizia e sicurezza siamo al 90° posto per reati contro le persone, al 101° per reati contro il patrimonio e al 104° per omicidi. Va decisamente meglio per “istruzione, formazione e capitale umano” dove siamo al 16°. Meno per tempo libero e turismo (26°) e molto meno per sale cinematografiche (81°).
A proposito della cultura, Parma offre molti spazi per concerti, spettacoli e numerosi teatri.
Quest’anno 2020, Parma è stata nominata Capitale Italiana della Cultura, motivo di grande ricchezza per la città, oltre ad essere un bene di importanza collettiva su cui investire.
Tuttavia le persone che contribuiscono al lavoro delle varie manifestazioni di Parma Cultura 2020 sono precari. Caratteristica questa evidente anche in tanti altri settori dove continua a essere presente lavoro in nero o poco remunerato.
Non arretra invece la disponibilità a sostenere anche economicamente le iniziative culturali, da parte di fondazioni e di privati (in primis “Parma Io ci sto”). Anche se la concreta solidarietà dei parmigiani, di questi tempi è tutta rivolta a sostenere il sistema sanitario , attualmente impegnato al massimo dall’ emergenza Covid19. Che ha investito pesantemente la nostro città, con Piacenza le più colpite in regione dalla pandemia.
Gran parte dei fondi, per aiutare gli ospedali, medici e personale sanitario, vengono raccolti dalla Fondazione Munus Onlus . AiutiAmoParma! e sosteniamo le strutture ospedaliere di Parma, Fidenza-Vaio Borgotaro impegnate nell’emergenza Coronavirus!: sono state le due parole d’ordine che hanno raccolto in poco tempo più di 2 milioni di euro. Il “cuore di Parma” non si è smentito.
Pronto, anche fra le fasce di popolazione meno ricche, ad aiutare. A mettere mano al portafoglio. Unica riserva, forse, stando almeno ad alcune lettere apparse sui media locali, la richiesta di una maggiore trasparenza e chiarezza sulla destinazione dei fondi raccolti.
Julia Grilli