Parma 2020. Domani, forse…
Ma deve diventare smart

Parma 2020, turismo inesistente e nuove-vecchie passioni.
Come fare in modo che l’anno in cui la nostra città è capitale della cultura non vada perduto?

La situazione è seria. Parma, così come l’Italia intera, è diventata zona rossa. Molte attività sono chiuse, si invita la gente a stare in casa, il turismo è scomparso.
Certo, queste limitazioni colpiscono tutti in egual modo ma, forse, la capitale della cultura 2020 ancora di più.
Sono stati innumerevoli gli sforzi dell’amministrazione per arrivare pronta all’inizio di un anno che sarebbe dovuto essere all’insegna della cultura e del turismo. Ma è arrivato, assolutamente inatteso e devastante, il coronavirus.
Il turismo è praticamente scomparso, voli verso l’Italia cancellati e tutti gli eventi culturali rinviati o annullati. In più, ora che Parma è zona rossa, diventa difficile addirittura entrare e uscire dalla provincia.
Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini si è detto disposto a proporre una proroga di “capitale della cultura” a Parma anche per il prossimo anno. Difficile pensare che provvedimento del genere sia realmente applicabile, ma è un’idea.
Paola Pisano, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, ha intrapreso un dialogo con aziende, associazioni e start-up per aggiornare le modalità di accesso a molti servizi e proporre soluzioni innovative.
In concreto ecco alcuni provvedimenti:
Quotidiani come La Repubblica e La Stampa offrono l’abbonamento gratuito per tre mesi; diverse società mettono a disposizione piattaforme di smart working; il colosso Amazon offre a pubbliche amministrazioni, organizzazioni non governative e non profit, startup e imprese, l’accesso a piani di supporto e canali di assistenza AWS per progetti legati all’emergenza e presenta gratuitamente seminari web di formazione destinati ai docenti della scuola primaria e secondaria di primo grado; alcune compagnie telefoniche tra cui Tim e Vodafone offrono gratuitamente diversi servizi come Giga, messaggi o telefonate gratuite; la piattaforma Infinity “regala” due mesi di contenuti gratuiti; la casa editrice Mondadori mette a disposizione abbonamenti gratuiti per tre mesi ai magazine in formato digitale del Gruppo e la possibilità di accedere gratis alla lettura di un e-book a scelta; la diocesi di Parma ha sospeso ogni tipo di celebrazione religiosa, messe comprese. Il malcontento dei fedeli era altissimo ed ecco che l’emittente televisiva Giovanni Paolo TV si propone di trasmettere in diretta messe e celebrazioni del Vescovo, così da provare ad arginare la tentazione di molti di riunirsi in chiesa. Una sorta di smart pray.
Ciò significa che ci si sta già muovendo in questa direzione e l’amministrazione di Parma ha una grande opportunità per limitare i danni causati dal virus. Certo, probabilmente bisogna ripensare tutto, programmare da zero e in poco tempo, ma sicuramente attendere passivamente l’evolversi della situazione non basta.
Serve dare spazio alle idee, magari tramite concorsi, per trovare scelte vincenti e rilanciare Parma 2020.
Fare in modo che si torni sui social (affermazione quasi paradossale) per fruire di quelle iniziative che la capitale della cultura aveva intenzione di proporre e chi si è vista costretta ad annullare.
Rendere la cultura a portata di clic non è facile, ma intrigante: Manzoni e Boccaccio, che hanno raccontato così bene il vivere sociale al tempo della peste, stanno vivendo una nuova giovinezza. Allora perché non proporre approfondimenti televisivi e social? Perché non passare in rassegna i principali luoghi di interesse storico e culturale della città rendendoli “accessibili” da casa?
Allo stesso modo sarebbe possibile evitare di annullare alcune tipologie di eventi e conferenze pensando di trasmetterle online o in tv.
Sarebbe una sfida interessante per molti aspetti: Le istituzioni, se in grado di riadattarsi, avrebbero l’opportunità di continuare il percorso di Parma 2020; il web 3.0 potrebbe affermarsi come mezzo sociale di divulgazione culturale arrivando ad interessare un pubblico sempre più ampio e, infine, la tv – soprattutto quella locale – riceverebbe nuova linfa vitale.
È ovvio che senza la predisposizione dei cittadini a questa “smartizzazione” culturale, una tale iniziativa può risolvere poco. Alla luce di ciò che sta accadendo, però, una trasformazione di Parma 2020 in un laboratorio smart di enorme grandezza può essere una valida e concreta via da intraprendere.
Guardando la situazione attuale della città, purtroppo, si vede tutt’altro.
Non ci sono eventi, tutto è in fase di stallo ma Parma rimane capitale della cultura e si dovrebbe fare in modo che questo titolo non perda tutto il suo significato. Bisogna, però, contestualizzarlo. Walter Benjamin lamentava, quasi un secolo fa, la perdita d’aura del prodotto culturale: prodotto fatto per vendere, per raggiungere più persone possibile rinunciando alla sua unicità. Era il lontano 1935, sono passati 85 anni di sviluppo tecnologico e sociale che hanno reso ancora più flebile l’aura di un prodotto culturale unico.
Eppure siamo qua, al tempo in cui il sociale, o per meglio dire il social, si struttura all’interno di una piattaforma online, virtuale e immateriale, incapaci di resistere alla nuova-vecchia tentazione di radunarci in comunità reali e fisiche. Ora che ci viene chiesto di rimanere social, cerchiamo il sociale.
Curioso fatto, ma che fa sorgere spontanea una riflessione che può diventare al contempo un invito:
la riscoperta del silenzio, della tranquillità domestica, può far resuscitare quell’aura perduta che piangeva Benjamin. Un virus sta riuscendo in pochi mesi a fare quello che anni e anni di scuola non sono mai riusciti ad ottenere: si rilegge Manzoni con nuovo interesse verso la peste, si parla del gruppo di giovani che per fuggire al contagio decidono di isolarsi dal mondo chiudendosi in casa e di raccontarsi le Novelle che compongono il “Decameron” di Boccaccio.
Ecco, allora, che nell’anno di Parma 2020 si può cogliere l’occasione per riscoprire il prodotto unico, che accresce la cultura di chi ne fruisce: si può leggere, suonare, cantare, vedere film, studiare e – perché no – pregare. Tutto quanto nella propria intimità, a tu per tu con la cultura, nel silenzio solitario di una casa. 

Andrea Baistrocchi