Parma calcio. Parla Apolloni

Luigi Apolloni in ESCLUSIVA: “Parma, per la Serie A puoi farcela.
Krause? Tenerselo stretto, ma manca sinergia tra città e società”

Quanti anni dovranno trascorrere prima che il Parma possa tornare a riassaporare il calcio che conta e soprattutto in che modo il presidente Kyle Krause riuscirà ad interrompere questa lungodegenza del club crociato in Serie B?
Il campionato disputato fin qui dalla squadra allenata da Fabio Pecchia è stato ampiamente al di sotto delle aspettative: i ducali sulla carta avrebbero dovuto competere per una possibile promozione diretta o quantomeno per le primissime posizioni playoff e invece, quando ormai mancano 8 giornate al termine della regular season, il Parma è momentaneamente fuori dalla zona spareggi.
Le cause dei risultati altalenanti sono molteplici, di natura tecnica, di natura gestionale, di natura aziendale. Agli infortuni e alla scarsa vena realizzativa del reparto offensivo si aggiungono una campagna acquisti non all’altezza, la mancanza di leader veri all’interno dello spogliatoio, fatta eccezione per Vazquez e Buffon, e una politica scouting che non ha prodotto alcun frutto, troppo avventata e poco funzionale alla filosofia di gioco dell’ex allenatore della Cremonese.
Le recenti prestazioni deludenti (3 vittorie nelle ultime nove gare disputate) hanno mandato su tutte le furie anche la tifoseria parmigiana che si è letteralmente scagliata contro Krause, contestando le infruttuose scelte di mercato degli ultimi due anni e lamentando la mancanza di figure competenti all’interno dell’organigramma societario. Insieme a Luigi Apolloni, ex calciatore e allenatore del Parma, record man di presenze con i ducali, intervenuto in ESCLUSIVA ai microfoni di Pidieffe.eu, abbiamo analizzato la difficile situazione in cui versa il team crociato.

Parma nuovamente fuori dai play-off: a 8 gare dal termine quante possibilità ci sono di qualificarsi e di centrare eventualmente una promozione che avrebbe dell’incredibile visto il trend stagionale?
“Finché la matematica non dice il contrario è giusto che ci provi, anche se purtroppo il problema grosso del Parma è che non ha avuto continuità in quello che ha fatto. Vince con le grandi e perde con le piccole, ha battuto Frosinone e Genoa che sono 1ª e 2ª, questo fa un po’ capire le difficoltà nel gestire questi suoi alti e bassi abbastanza clamorosi. Il calcio però insegna che nulla è scontato, è chiaro che dovranno fare un grande sforzo sia per centrare i play-off, ma soprattutto per provare ad andare eventualmente in Serie A”.

Sorprendenti vittorie e inaspettate sconfitte, da cosa dipendono i risultati altalenanti del Parma: infortuni, scarsa vena realizzativa degli attaccanti oppure c’è dell’altro?
“È anche una questione caratteriale, in alcune partite sembrava che la squadra avesse in mano la gara e poi invece ha perso clamorosamente, ti parlo ad esempio della partita a Cosenza, manca la cattiveria per ribaltare situazioni non positive. Un aspetto importante è quello di non vedere una squadra che dia continuità e che lavori da squadra, i giocatori con caratteristiche importanti non mancano, c’è Vazquez, c’è Bernabè”.

Puntare sui giovani dovrebbe rappresentare la normalità nel sistema calcio italiano, tuttavia ad eccezione di Vazquez e Buffon, la mancanza di leaders d’esperienza all’interno dello spogliatoio ha inciso sulla crescita delle giovani leve?
“Avere come esempi giocatori importanti incide sull’aspetto caratteriale e soprattutto sull’aspetto tecnico. Tornando un po’ indietro nel tempo, negli anni ’90 nel periodo in cui giocavo io, la presenza in rosa di giocatori di talento oltre che di esperienza favoriva la crescita dei giovani calciatori italiani. Il problema grosso che c’è oggi in Italia è che ci sono troppi stranieri, non ho nulla contro di loro ma spesso arrivano giocatori stranieri discreti così come possono essere discreti i calciatori italiani. È importante dunque valorizzare gli italiani e prendere giocatori bravi che permettano di crescere alle giovani leve e siano fonti di tanti aspetti. Buffon, Vazquez ma ne servirebbero anche altri. Romagnoli ad esempio che a gennaio è andato a Lecce, era una figura importante perché ha vinto dei campionati, conosce la Serie B, gli spogliatoi, il carattere che serve nel gestire alcune situazioni. Vale per la difesa ma anche per l’attacco e per il centrocampo, reparto importante per gli equilibri di una squadra dove manca una figura di spessore”.

7 vittorie in 15 partite, il mal di Tardini da cosa dipende: peso dello maglia, i giocatori soffrono le responsabilità di una piazza esigente come Parma?
“Grosse pressioni a Parma non ce ne sono mai state. I tifosi tengono molto al Parma ma lasciano anche parecchio spazio. È chiaro che c’è dispiacere, è giusto che il tifoso critichi la propria squadra se non gioca secondo le sue aspettative. Il mal di Tardini è anche una questione caratteriale, io quando sono in casa mia gioco e guai a chi supera la metà campo. Forse l’ho detto in maniera un po’ troppo brutale (ride, ndr) però l’aspetto caratteriale, la corsa sono fondamentali soprattutto in un campionato di Serie B perché aiutano ad esaltare le qualità del singolo ed incidono sulle prestazioni”.

I tifosi puntano il dito contro Krause per le campagne acquisti onerose degli ultimi anni e la mancanza di figure competenti nell’organigramma societario. Cosa ne pensi, è il principale responsabile?
“Quando le cose non funzionano la colpa non può essere soltanto di una persona, ci sono vari aspetti. Anzi ben venga un presidente che ha investito parecchio per cercare di riportare il Parma nel campionato più importante in Italia, bisognerebbe tenerselo stretto. È ovvio che quando fai a volte puoi anche sbagliare, in alcuni momenti ha preso degli uomini importanti come Bernabè che è un giocatore che si sta valorizzando, sta crescendo bene; c’è un progetto importante come lo stadio, il Centro Sportivo di Collecchio. Purtroppo quello che determina tutto sono i risultati, ognuno dovrebbe fare la propria parte, remare tutti insieme, dal presidente ai dirigenti, la squadra e l’allenatore. Questa è l’unità di intenti che ogni squadra dovrebbe avere per arrivare a raggiungere gli obiettivi prefissati”.

I tifosi rappresentano la passione, la tradizione, Krause invece è portavoce di una filosofia tipicamente americana: la soluzione per unire le due “fazioni” potrebbe essere l’inserimento di figure che rappresentino la parmigianità, la voce del popolo, gli eroi di Wembley ad esempio?
“È un aspetto in cui la società forse è venuta un po’ meno, non parlo di una figura o di un ex calciatore del Parma ma della creazione magari di una trade union che faccia da collante tra la città e la società. È un qualcosa che se ci fossero stati i risultati, sarebbe passata in secondo piano, Parma però insegna che questo è un aspetto importante perché si è sempre creata questa sinergia tra tifosi, squadra e società ed ha permesso di raggiungere traguardi importanti. Hai citato Wembley ma anche la promozione dalla B alla A, la Coppa Italia, la Coppa delle Coppe, la Coppa Uefa, la promozione dalla C alla A dopo il fallimento. Penso che oggi manchi questa sinergia, Parma lo chiede perché l’ha vissuta per anni e la società e il presidente dovrebbero tenerne conto anche per dare valore alla città stessa”.

Che rapporto avevate con la tifoseria: i periodi difficili a livello di risultati erano spesso accompagnati da tensioni tra voi calciatori e l’ambiente esterno, come ne uscivate?
“Sì ci sono state, spesso noi andavamo a trovare i Boys in sede, loro venivano al campo e chiedevano impegno attenzione, c’era un’unità di intenti. Noi vivevamo la loro passione e il loro dispiacere perché magari non riuscivamo ad accontentarli nei periodi negativi a livello di risultati”.

Il modello USA di Krause utilizza la tecnologia per scovare i futuri calciatori del Parma: la data analyst non dovrebbe essere solamente un supporto?
“La tecnologia è importante, va sfruttata ma deve anche essere accompagnata dalla tradizione. Gli aspetti dello scouting forniscono numerose informazioni, aiutano nella scoperta di un giocatore ma poi devi osservarlo di persona, seguirlo negli allenamenti, vedere come si comporta in partita, come riesce a gestire i momenti positivi o come riesce a superare quelli negativi”.

Catapultare un ragazzo straniero in una realtà diversa, affidandosi solo alla tecnologia, spiega la mancanza di compattezza e di senso di appartenenza all’interno di una squadra?
“In questi casi conta anche il parere del direttore sportivo, dell’allenatore, serve una valutazione completa a 360° del calciatore e capire se è adatto alla città, alla squadra, al sistema di gioco del tecnico. Tornando agli stranieri, spesso si parla del senso di appartenenza, ci sono alcuni ragazzi stranieri che danno l’anima e il cuore però visto che un Ct deve andare in Argentina per cercare un attaccante tanto vale valorizzare un ragazzo italiano che magari ci mette più senso di appartenenza rispetto ad un calciatore straniero che non sempre riesce a capire la mentalità italiana e il senso di appartenenza di una società, di una squadra, di una città”.

Il cambio al vertice, la permanenza prolungata in Serie B, la possibilità di un’eventuale promozione in massima serie in caso di rimonta: sono queste situazioni che un po’ ricordano quello che avvenne nella stagione 1989-1990?
“A livello di analogie è un po’ diverso perché iniziammo bene e finimmo bene, ci fu la scomparsa del patron Ernesto Ceresini che compattò ulteriormente la squadra e i tifosi, vincemmo il derby con la Reggiana alla penultima giornata e fu un’apoteosi perché centrammo la prima storica promozione in Serie A. Ecco in un momento del genere la squadra deve compattarsi tecnicamente e caratterialmente e capire di dover dar tutto: c’è ancora la possibilità di andare direttamente in Serie A, certo devi vincerle tutte e sperare che le altre non facciano altrettanto. Bisogna provarci finché la matematica non condanna, in modo da arrivare eventualmente a giocarsi i playoff al meglio sul piano fisico e mentale”.  

Vincenzo Bellino