
Parma e le barricate (b minuscola) del ‘21
Parma sta giocando d’anticipo: stavolta le barricate le fa nel ’21 e non nel ’22.
Uso la “b” minuscola, perché diversamente dalle Barricate antifasciste del 1922 (quelle del famoso e un po’ esagerato ma simbolico “Balbo, t’è pasè l’Atlantic mò miga la Pärma”…) quelle del 2021 sono fin qui poco eccitanti barricate di attendismo e strategia elettorale provinciale: nel senso letterale e riduttivo della parola.
Siamo infatti – silenziosamente – a pochi mesi, anche se la data ancora non si conosce ufficialmente, dalle nuove elezioni Comunali. Le settime, nell’era dell’elezione diretta del sindaco. L’albo “d’oro” vede due doppiette: Elvio Ubaldi e Federico Pizzarotti, oltre ai successi di Stefano Lavagetto e Pietro Vignali. Con il sindaco uscente Pizzarotti che non potrà ricandidarsi, appunto perché ha già completato due mandati, così come avvenne per Ubaldi nel 2007: anche se è impossibile ipotizzare in questo caso una terza vittoria per interposta persona, come avvenne con il listone “Per Parma con Ubaldi” che portò al successo di Vignali. Tutto questo, prima che i rapporti con il delfino si guastassero irrimediabilmente e prima che le vicende del 2011 portassero a crisi e commissariamento e alle successive elezioni del 2012 con la clamorosa nascita – per autocitarmi – del “Ducato Cinque stelle”. Che a sua volta fu prologo di una clamorosa rottura Pizzarotti/Grillo&Casaleggio, con la nascita di Effetto Parma e la conferma del 2012.
Historia magistra vitae
Se “Historia magistra vitae”, che cosa dovrebbero aver imparato i vari schieramenti dalle esperienze precedenti? Partiamo dai recordmen della sconfitta: il centrosinistra. Dopo la prima affermazione del 1994 (Stefano Lavagetto su Angelo Busani e sul primo Ubaldi “civico”), ci fu lo schiaffo del ’98 con lo stesso Lavagetto sconfitto dalla candidatura bis di Ubaldi, stavolta comprensiva della forza di…Forza Italia che il berlusconismo del ’94 aveva visto sconfitto appunto con la candidatura solitaria di Busani). E a forza di pensare che la colpa era di Lavagetto e del “traditore” Tommasini, entrambi ora compianti, di sconfitte ne sono poi arrivate ben 4, con le candidature Soliani, Peri, Bernazzoli e Scarpa…
Una maledizione? Un poker di candidature sbagliate? No, o comunque non solo. Se c’è un fattore comune alle 5 sconfitte di quella che fu la “Parma rossa” è, molto più semplicemente e banalmente, la litigiosità e la mancanza di coesione: nel Pd, anzitutto, e nella sinistra in genere. Sorvolando sul 2002 (né la Soliani né altri avrebbero potuto battere l’Ubaldi uscito benissimo dal primo mandato), tutte le altre competizioni sono state anzitutto una competizione interna: di Tommasini vs Lavagetto abbiamo già accennato; Peri scontò la mancata sostituzione in Regione che avvelenò i rapporti fra ex PDS ed ex Margherita (questi ultimi con la elefantiaca memoria democristiana nel ricordare i torti subiti…); Bernazzoli traballò già nelle primarie con Dall’Olio e non era gradito a una parte del suo partito: Scarpa, infine, visse la quasi kafkiana situazione di un Pd che candidava lui ma almeno in parte tifava per un Pizzarotti bis in prospettiva delle successive Regionali per arginare l’insidia leghista.
Ora si parla di Lavagetto jr, di Pagliari, di possibili nomi civici. E si parla ancora una volta di primarie. Forse sarebbe tempo di parlare di programma per Parma: 10 punti chiari, per capire – senza ambiguità – che cosa fare ad esempio per le infrastrutture (aeroporto in testa) e per lo sviluppo futuro della città. Compreso quel tema sicurezza che da troppi decenni la sinistra regala alla destra, non rendendosi conto di quanto sia trasversale. Dopo di che, sarebbe il caso di trovare sul nome una intesa veloce e davvero unitaria, affinchè non torni a risuonare la domanda che tanti mi fecero la volta scorsa: “Balestrazzi, mò chi él col Scarpa lì? Mì ‘n al conoss mìga…”). Quanto al mondo a sinistra del Pd, pur essendo interessanti certe kiniziative anche nel mondo dei Verdi, il rischio della sinistra è sempre quello delle eterne divisioni: nel 2017, fu da Guinness dell’autolesionismo la presenza di due candidati con medesima (e già di per sé un po’ obsoleta) matrice del “comunismo”…
Non sarà intanto facile per il Pd, almeno non al primo turno, stabilire un rapporto con gli eredi di Pizzarotti, dopo le critiche che per anni i consiglieri Pd – con proprio Lavagetto in testa – hanno rivolto all’attuale amministrazione. E sarà altrettanto interessante vedere quale equilibrio troverà Effetto Parma: se nelle ultime due elezioni ho sottolineato l’importanza del rapporto anche umano che esiste all’interno della squadra degli ex pentastellati, ora la ricerca di un nuovo aspirante sindaco potrebbe essere più complicata del rinserrarsi intorno a Pizzarotti come 9 e 4 anni fa. Le legittime ambizioni personali (che nessuno esprime pubblicamente ma che si notano in controluce…) potrebbero rendere il clima di Effetto Parma meno idilliaco che in passato: anche vicende come quelle della coop Svoltare credo che abbiamo lasciato alcune cicatrici. Ma alla fine è prevedibile che qui la compattezza sia maggiore che in casa Pd: semmai, occorrerà vedere quanti dei parmigiani che nel 2017 decisero il Pizzarotti-bis siano ancora convinti di voler procedere in quella direzione, dopo un secondo mandato che (come già per Ubaldi) non è parso in crescendo rispetto al primo.
E poi c’è il centrodestra: il vento nazionale (stando almeno ai sondaggi) lo spinge, e anche dalle nostre parti i comuni a guida leghista o gli stessi risultati delle Politiche rendono assolutamente possibile una ipotesi – un sindaco di destra – un tempo impensabile. L’altro punto di forza del centrodestra è la presenza fra la gente: il banchetto leghista del sabato in via Mazzini ne è il simbolo. Resta, anche qui, il nodo del candidato o della candidata: nel 2017 fu Laura Cavandoli, nel frattempo salita in Parlamento. Ma per ora, anche da quelle parti, si vedono soprattutto attendismo e barricate. Anche qui, ovviamente, con la b minuscola.
Gabriele Balestrazzi