Parma post covid19.

Una casa della salute in ogni quartiere

È difficile, oggi, esercitare “l’ottimismo della volontà” di fronte a quello che stiamo vivendo ed agli scenari che si prospettano. Perché anche nella nostra città non è andato affatto tutto bene. Abbiamo passato giorni drammatici e lo shock è stato molto forte, anche per chi non è stato direttamente colpito dagli effetti più devastanti del virus. Abbiamo vissuto tutti come rinchiusi in una “bolla” di sospensione dei termini della nostra vita usuale e, adesso che le misure di contenimento si sono allentate, stiamo cercando di riprendere confidenza con quegli spazi fisici della città da cui siamo stati a lungo separati. Sentiamo un bisogno di “normalità”, ma credo che sia diffusa tra la popolazione la sensazione che “quella” normalità, per un tempo ad oggi di durata imprevedibile, non ritornerà. Tuttavia avvertiamo che non si potrà certo rinunciare a quei rapporti sociali, a quel “vivere insieme” che rappresenta il nucleo della condizione umana.

Perciò occorre che Parma, tutta la comunità cittadina, cominci a guardare al suo futuro prossimo con lucidità e sappia raccogliere la difficile sfida di questo tempo nuovo, così angosciante se guardato con gli occhi del passato. Soprattutto occorrerà cambiare strada, perché molte delle scelte compiute finora non si conciliano, anzi, sono in contraddizione con le nuove necessità del nostro vivere comune. La pandemia ha messo impietosamente a nudo le nostre fragilità e ci ha fatto comprendere l’importanza della “politica della cura”. Ma una politica in tal senso non potrà continuare ad essere solo difensiva, fatta di protocolli comportamentali, controlli personali, distanziamento sociale. Questa invece potrebbe essere un’occasione importante per un suo ripensamento radicale, incardinato sulla tutela dell’ambiente e della salute, ma anche delle relazioni sociali, oggi in larga misura sostituite da reti digitali che ne hanno certamente limitato lo sviluppo.

nuove linee guida che pongano al centro delle politiche per la città la salubrità del nostro ambiente e la salute dei cittadini

Occorre muoversi secondo nuove linee guida che pongano al centro delle politiche per la città la salubrità del nostro ambiente e la salute dei cittadini. Sembra tautologico dirlo, ma quello che è accaduto e la violenza con cui si è manifestato, testimoniano che fino ad oggi non è stato così. Per fare questo non sarà necessario inventarsi bizzarri provvedimenti e astruserie in plexiglass o kit di salvataggio, ma guardare con serietà e determinazione a progetti ed esperienze già in campo da tempo e che, se realizzati, sicuramente avrebbero contribuito ad attenuare in misura significativa l’impatto violento che abbiamo subìto.

Se c’è un aspetto di debolezza che è emerso drammaticamente da questa dura crisi sanitaria, per riconoscimento quasi unanime, esso riguarda il tema della territorializzazione delle politiche sanitarie, ovvero la capacità di risposta tempestiva alla diffusione pandemica da parte dei servizi sanitari di base, decentrati sul territorio, PRIMA che l’onda d’urto investisse drammaticamente gli ospedali, mettendone in crisi le strutture e trasformandoli oltretutto in pericolosi focolai di diffusione del virus. Anche Parma, sebbene in misura minore rispetto ad altri contesti, ha mostrato i suoi limiti sotto questo profilo. La medicina di base, lasciata sola, per nulla attrezzata, nella confusione dell’interminabile prima fase dell’epidemia è stata impotente nel tentare di fronteggiare l’emergenza. I pronto-soccorso ospedalieri, presi d’assalto dagli infetti, hanno dovuto alzare bandiera bianca rispetto a tutte le altre patologie. Il calo del 60% degli accessi no-Covid è la drammatica manifestazione dell’abbandono in cui sono stati lasciati gli affetti da altre patologie, anche gravi. Ora, dopo “lacrime e sangue”, sono stati fortemente rafforzati i reparti di terapia intensiva per non ritrovarsi impreparati di fronte ad una recrudescenza del fenomeno pandemico. Occorre riflettere però su un fatto: si è visto come, quando il paziente Covid entra in terapia intensiva, le ripercussioni sul suo stato di salute, anche in caso di guarigione dal virus, possono essere molto gravi, soprattutto nel caso degli anziani, perché si è visto che il trattamento intensivo spesso dev’essere prolungato, sottoponendo tutto l’organismo ad un forte stress.

necessità di avere strutture territoriali diverse dal grande hub ospedaliero …  strutture diagnostiche capaci di intervenire nei confronti dell’infezione al suo primo manifestarsi

Quindi sono due le evidenze che si sono manifestate: la necessità di avere strutture territoriali diverse dal grande hub ospedaliero, capaci di far fronte, soprattutto nel caso delle situazioni di emergenza, alle esigenze di routine assistenziale della popolazione e quella di avere strutture diagnostiche capaci di intervenire nei confronti dell’infezione al suo primo manifestarsi, in modo da contenere il più possibile gli accessi alle terapie intensive.

Entrambe queste funzioni potrebbero essere svolte da strutture che la nostra Regione sta promuovendo da quasi un decennio: le cosiddette “Case della salute”. Nelle intenzioni, esse dovrebbero costituire l’ossatura dell’assistenza sanitaria territoriale ed avere come riferimento il quartiere o, comunque una comunità riferibile ad una dimensione demografica intorno ai 30mila abitanti. (https://salute.regione.emilia-romagna.it/cure-primarie/casedellasalute). Quindi costituire una struttura sanitaria di prossimità, vicina ai bisogni della popolazione ad una scala medio-piccola. Ne sono presenti alcune anche a Parma, che però rappresentano soluzioni troppo lontane da ciò che dovrebbero essere secondo gli stessi indirizzi regionali: si tratta infatti, perlopiù, di poli-ambulatori o sedi per l’esercizio della medicina di base di gruppo, poco altro. Esse, come abbiamo visto, non sono state in grado di svolgere il ruolo che avrebbero potuto avere nel corso di questa crisi. Cosa si chiede, infatti, a queste strutture, quali dovrebbero essere le loro caratteristiche salienti? Innanzitutto esse dovrebbero sorgere ed articolarsi in un luogo deputato ad essere, o diventare, il cuore pulsante del quartiere di insediamento. Un luogo connotato da riconoscibilità, accessibilità, accoglienza e spazio di relazione nella sua accezione più ricca. Dove si possa intraprendere un percorso orizzontalmente integrato di prevenzione e cura ad ampio spettro, ma dove ci si possa anche arricchire di conoscenze su quei comportamenti che possono rendere più salubre la nostra vita, confrontarsi con diversi livelli di esperienza, esprimere istanze e progetti di comunità relativamente al proprio quartiere ed all’arricchimento delle sue risorse ambientali.
Non mancano certamente nella nostra città le risorse fisiche per realizzare, in ciascun quartiere, la sua Casa della Salute: esistono sia gli spazi e, spesso, anche le strutture per sviluppare questo importante servizio socio-sanitario integrato. Probabilmente non mancheranno nemmeno le risorse finanziarie, visti gli investimenti annunciati per il settore sanitario, a patto che non vengano tutti assorbiti dalle grandi strutture ospedaliere. Ma oltre all’hardware (il luogo e la struttura) occorrerà riprogettare con attenzione il loro software, cioè un programma che non si limiti ai compiti sanitari in senso stretto, ma dedichi grande attenzione al loro inserimento e radicamento nella comunità di quartiere, offrendo una rete di servizi capace di intercettarne i bisogni, ma anche le forme di disagio, le buone pratiche collettive, le spinte alla partecipazione, fino alla co-progettazione delle trasformazioni fisiche della realtà di insediamento nella nuova dimensione post-pandemica, coinvolgendo le associazioni di cittadini, le attività commerciali ed artigianali di vicinato, le istituzioni scolastiche ecc.
Dunque, non soltanto un presidio sanitario, ma anche un polo di aggregazione di servizi sociali e funzioni a scala di quartiere. Pensiamo al forzato isolamento cui è stata sottoposta la popolazione anziana, che potrebbe qui ritrovare un luogo che la incoraggi a riannodare il filo interrotto delle sue pratiche di socialità, delle attività di volontariato precedentemente svolte. Oppure pensiamo alle famiglie in difficoltà economica che potrebbero trovare nella prossimità un orientamento per l’accesso al sostegno del reddito o all’aiuto sociale. In tal modo la Casa della Salute diventerebbe un primo, importante nucleo vivo, generatore di un reale policentrismo a scala urbana, a partire dalla questione oggi divenuta centrale più che mai: quella socio-sanitaria, nel momento in cui è emersa con tanta evidenza la nostra fragilità e attorno ad essa articolare le migliori pratiche per rendere viva e ricca di offerte per il vivere quotidiano la città.   

Riccardo Tonioli