Ponte Nord: ponte verso l’Europa o ponte sul torrente?
Un ponte, lo dice la parola stessa, è qualcosa che unisce. E i ponti da sempre sono strutture, non solo simboliche, della massima importanza. Pontifex, da cui Pontefice, è il “costruttore di ponti”. Ovvero ciò che collega, che mette in contatto, che unisce. La Lega di Salvini invece è più propensa a separare, bloccare, limitare.
Ma a Parma il partito che chiude porti e tira su muri ha ottenuto che fosse emanato un provvedimento per sbloccare l’annoso inutilizzo di Ponte Nord.
Evidentemente quelli di Parma sono leghisti “buoni”.
Un ponte, lo dice la parola stessa, è qualcosa che unisce.
Ma battute a parte, ricorderemo che 24 milioni è costata una struttura che non doveva nemmeno essere costruita, stante i divieti di legge sull’edificazione di ponti abitati. Dunque, nonostante l’opposizione degli ambientalisti parmensi che giustamente si sono sempre opposti alla sua costruzione, ma che ora, meno comprensibilmente lo vogliono distrutto, in quanto abuso non sanabile, i parlamentari leghisti di Parma hanno fatto una buona, anzi ottima, cosa. Inserendo , appunto, nella legge di assestamento del bilancio la possibilità di un utilizzo permanente della struttura. Sino a ieri erano possibili solo utilizzi temporanei, dunque non in grado di sostenere la gestione di una struttura molto grande e abbastanza costosa da mantenere. Oltre che da completare.
Il problema però è che ora bisogna decidere come utilizzarlo tenendo conto che l’emendamento che lo sblocca impone una destinazione pubblica. Che è vaga e preoccupante allo stesso tempo. Perché già si vede il Ponte Nord trasformato in uffici e popolato di impiegati e funzionari. Il fatto che questi possano essere espressione di importanti istituzioni aventi competenze in materia d’acqua (Autorità di Bacino e Aipo) e che hanno storicamente sede a Parma non caratterizza siginificativamente la proposta. Sarebbe sempre una soluzione burocratica che non collega Ponte Nord all’Europa (che simbolicamente è molto vicina, visto che a qualche centinaio di metri c’è l’EFSA). Sarebbe solamente un ponte sul torrente Parma.
Il cuore della struttura deve essere un moderno water center
In altre parole nulla vieta che ci sia una parte e componente pubblica nella struttura: appunto gli enti sopracitati. Anzi, questo, è stato auspicato nel corso di due momenti/convegni organizzati nell’ambito delle edizioni 2017 e 2018 di Scritture d’acqua; manifestazione promossa da Eu. Water Center, il Centro Acque dell’Università di Parma. Però deve essere una presenza “direzionale”, essenzialmente di rappresentanza. Il cuore della struttura deve essere un moderno water center, che comprenda un museo, con allestimenti multimediali e interattivi. Attività commerciali e conviviali, ancorché tutte declinate sul tema acqua; sale attrezzate per attività scientifiche e convegnistiche. un intorno verde su entrambe le sponde del torrente, magari attrezzabile in estate.
Insomma serve un’idea alta, europea e progetti di utilizzo ambiziosi, avveniristici. Certo tutto ciò ha bisogno di pubbliche e approfondite discussione e ancor più di opinioni e proposte informate. I tecnici e gli esperti devono essere gli interlocutori di un’amministrazione comunale che deve però indicare la rotta. Magari partendo dal lancio di un concorso idee. Che cadrebbe giusto nell’anno in cui Parma è Capitale della Cultura.
l’unico costruito in Italia in tempi moderni
L’opinione e la proposta di Pidieffe, come già detto, e che rivolgiamo all’intera città e soprattutto agli amministratori, sono di essere ambiziosi. Di guardare alle esperienze di water center internazionali meglio riuscite. Di tenere in conto esperienze architettoniche e urbanistiche che hanno in vario modo interessato fiumi e territori d’acqua. In Europa, da Londra a Lisbona e Bordeaux, negli Usa e in Canada, dove il tema della “risorsa acqua” è da tempo al centro degli interessi della comunità scientifica e delle popolazioni.
Nel nostro caso il suggerimento di puntare alto, con sguardo internazionale, poggia anche su due importanti dati di fatto. Il primo è che la struttura, di forte impatto e che presenta una veduta sulla città unica, attraverso un’attenta riprogettazione, potrebbe diventare un’avanzata macchina energetica autosufficiente, dunque laboratorio di applicazione delle più avanzate tecniche bio-climatiche. Il secondo è che di ponti edificati in Italia ce ne sono pochissimi. Due per l’esattezza: Ponte Vecchio a Firenze e Ponte di Rialto a Venezia. Ma sono secolari. Ponte Nord sarebbe ed è il terzo. Comunque l’unico costruito in Italia in tempi moderni. Dunque, piaccia o no, è un unicum. Sarebbe un gran peccato e un’irreparabile dimostrazione di provincialismo non cogliere quest’unicità. Sanando una violazione urbanistica, costata anche un sacco di soldi pubblici, con proposte di utilizzo che pongano in modo intelligente e non effimero il ruolo di Parma come “capitale d’acqua”.
La Redazione