Relitti urbani

La Parma che sembra Scampia

Non è Crotone e nemmeno una città statunitense di prima industrializzazione, dove i resti, i rottami dei grandi insediamenti industriali degli anni ’50 e 60 giacciono dismessi e abbandonati. Un paesaggio post-industriale o piuttosto deindustrializzato, questo, che non si trova a Parma. Non abbiamo rovine, derive urbanistiche o zone degradate, lasciate in uno stato d’abbandono tale da rendere impensabile che lì o da lì in altri tempi ci siano stati traffici, industrie e intense circolazioni di uomini e macchine. Però il degrado della via Emilia, più sul versante ovest che est, che cresce di anno in anno dovrebbe sollecitare le pubbliche amministrazioni a mettere mano a una significativa azione di recupero e riqualificazione. Adeguata a una via di comunicazione che è stata molto di più di una semplice strada o di un esclusivo luogo di transito e scambio. Sulla via Emilia sono passati i secoli, sono state “inventate” leggende, musica e letteratura hanno celebrato storie e glorie epiche, trattorie, ristoranti e bettole d’ogni tipo hanno costruito le mitologie del mangiare bene emiliano e parmigiano. Ora però percorrendola in automobile si resta desolati nel vedere come quel sapiente intreccio di campagna ed edifici appoggiati sulla strada, l’una e gli altri perfettamente coltivati e tenuti sia stato inghiottito dall’erba, dall’incuria, dalla trasandatezza. Insomma quel che è stato sino a qualche decennio fa un sorta di monumento oggi si trova in uno stato deplorevole.
Ed è proprio sulla Via Emilia, nella prima periferia parmigiana, a ridosso della rotonda che incrocia la tangenziale dalla parte di San Pancrazio, che si alza e lì sta da anni , incompiuto, un grande complesso che avrebbe dovuto diventare un albergo.
È questo è il primo di una serie di “relitti urbani” che offendono il paesaggio, essendo quasi sempre un’ancor più pesante offesa ai soldi pubblici.

Parma città cantiere

Qui vi proponiamo una galleria, che guarda al passato e prova a ricordare come ad esempio la gloria di “Parma città cantiere”, fiore all’occhiello del sindaco Elvio Ubaldi, si riveli in tutt’altra luce se sottoposta all’azione validatrice del tempo – che come si dice “è galantuomo”. Ma che è anche un sollecito. Vicino al rimprovero, per l’amministrazione attuale che, dopo 7 anni di governo, non è riuscita a trovare idee o proposte nuove e capaci di sbloccare situazioni che cominciare a gridare vendetta.
Al primo posto c’è Ponte Nord, per il quale si è però formato un comitato che sta lavorando a un progetto da presentare il prossimo giugno. È costato 21 milioni, non è stato completato e inutilizzato giace da quasi 10 anni.
Al secondo posto c’è la piscina poco distante dal ponte e non lontana dall’edificio dell’Efsa. Non completata, semi-abbandonata. L’amministrazione dice che presto verrà aperta, ma sappiamo quanto in Italia le parole volino e poi restino per aria, La sola cosa certa è che è costata più di 2 milioni di euro.
Al terzo posto, anche se per spreco di soldi e stato attuale di degrado meriterrebbe il primo ex aequo, è il Teatro dei Dialetti, in viale Mentana. Iniziato con la Giunta Ubaldi, non completato con quella Vignali, ora è il classico monumento alla grandeur parmigiana defunta: “Parmacotta”. Giusto per evocare lo spettacolare fallimento di Parmacotto, il cui stabilimento, verso Monticelli, è un altro grandioso manufatto sprecato. Privato certo, però realizzato con la complicità urbanistica pubblica della Giunta Ubaldi.
Il Teatro dei Dialetti è costato 7 milioni di euro. La misura, meglio dismisura, del manufatto è il proscenio, più grande di quello del Teatro Regio.
Altro relitto urbano è la grande copertura di acciaio e vetro della Ghiaia. Avrebbe dovuto essere una grande vela (di Portoghesi), ma oggi è una malinconica copertura che non copre niente. Nemmeno il disastro di un progetto che è riuscito esattamente a fare il contrario di quel che si proponeva. Ovvero il recupero della Ghiaia, storico mercato cittadino.
Del sovrappasso ciclopedonale abbiamo già detto. Una struttura costata anch’essa un’esagerazione (500 mila euro), perlomeno rispetto allo scarsissimo uso che se ne è fatto e se ne fa.
Chiudiamo questa veloce e incompleta elencazione di relitti urbani, con il complesso La Vela, a San Prospero. Una grande struttura privata oramai quasi del tutto abbandonata – e qui davvero sembra di essere a Scampia – che però invita a guardare con attenzione a due altre situazioni di “centro commerciale” che potrebbero diventare le prossime due grandi emergenze urbanistiche. Parma Ok, l’imponente struttura di via Burla che non è mai decollata e quella di Baganzola, nell’ex area Salvarani, che nelle intenzioni dovrebbe diventare il più grande mall d’Italia, ma che rischia seriamente di non essere portato a termine. Di diventare l’ultimo ma più grande “monstrum” commerciale di Parma. 

Antonio Barbieri