Un luogo d’arte dove stare bene
Il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico

“Per far tornare l’adolescente al museo, dopo la visita con la scuola, è necessario un investimento massimo nel caratterizzare la nostra programmazione con iniziative ed eventi che valorizzino il museo ed esprimano linguaggi congeniali a giovani e giovanissimi”. È Chiara Allegri, responsabile marketing ed eventi, ad affermarlo, alla domanda: “qual è l’originalità del museo d’Arte Cinese ed etnografico di Parma?”. “Abbiamo un coordinamento di psicologhe che lavorano da più di un anno per ideare attività che possano essere specifiche per i più piccoli. L’obiettivo è fidelizzare il bambino al concetto di museo. Abituarlo al fatto che andare in un museo è come andare in un luogo dove, oltre ad acquisire conoscenze, si sta bene”.
Che si tratti di un museo né polveroso, né poco stimolante lo si capisce entrando. La presenza di giovani è la caratteristica. Un parlottare nei piani superiori, rigurgiti di idee e sapori di innovazione probabilmente, le stesse degli studenti dell’ITIS Galilei San Secondo Parmense che hanno inaugurato il Daily Bread circondati dalle foto di Gregg Segal oltre alla realizzazione di una performance teatrale.
La fervente attualità è la principale caratteristica del museo “il cui obiettivo è quello di favorire la fratellanza fra i popoli che passa dalla conoscenza, dal far sì che i parmigiani conoscano quali sono le tradizioni, le forme d’arte e d’espressione lontane da noi. Il museo vuole offrire un approfondimento su quelle che sono tradizioni e culture lontanissime da noi, un modo per aprire la mente e, il fatto che a Parma ci sia un museo che propone culture altre è un bel messaggio, un bel valore aggiunto per la città”.
Come nasce il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico?
“Il nostro museo cinese ed etnografico è un vero e proprio museo missionario. Gli abitanti delle regioni, in cui operano i missionari, per ringraziarli offrono le migliori opere d’arte. Espressione della tradizione di questi popoli, nel nostro caso i Missionari Saveriani e in particolare San Guido Maria Conforti un parmigiano che, partito per la Cina, ha cominciato a collezionare bellissimi pezzi d’arte donati dalla nazione orientale. L’emiliano fu un grande appassionato di arte cinese, il vaso bianco e blu, il punto di partenza di questa raccolta”.
Insieme a questo primo oggetto, risalente al periodo Zhende (1506-1521), significativa è una data: 1901, nasce il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico. L’opera dei Missionari Saveriani in Cina terminerà nel 1954 quando l’ascesa di Mao-Tse-Tung porterà, dopo violenze e vessazioni, alla loro espulsione. “In Europa abbiamo una delle più grandi collezioni di arte cinese”. Continua Chiara Allegri.
“Il quattro volte grande”, com veniva chiamato, Mao, nel suo periodo di splendore, ha eliminato sì la presenza severiana dal territorio rosso ma, questi, non si sono arresi. Difatti il museo si arricchisce di collezioni provenienti dall’Africa “soprattutto dal Congo”, Indonesia e Sud America con i Kayapò, comunità Amazzonica. “Uno di quei popoli che è stato danneggiato dall’incendio. Tormentato. Ma è ancora abbastanza incontaminata l’aria in cui abitano e in cui padre Renato Trevisano è intervenuto. Abbiamo allargato la collezione e attualmente il museo è diviso in aree etnografiche, ci piace pensare che la visita al museo sia un viaggio fra le varie culture del mondo”. Dice bene la responsabile di marketing ed eventi, un viaggio fra piume colorate, maschere che permettono la connessione con la spiritualità e vasi, tanti vasi, in ceramica.
Il 18 e il 19 marzo il museo fungerà da palcoscenico per Vieux Farka Touré, Profumo di Sahara, nome dell’evento patrocinato dal comune di Parma per Parma2020. Uno o forse il modo per concretizzare la fratellanza fra popoli attraverso la musica: note lontane che ricreeranno un’esotica atmosfera.
Un museo così vivace quanta affluenza può avere? Chiara Allegri risponde dicendo che nel 2019 a fine consuntivo i dati hanno riportato un incremento del 50% rispetto al 2018, con punte e picchi d’affluenza notevoli nel periodo invernale.
La direttrice tiene particolarmente a ribadire quanto sia importante per loro il giovane pubblico. I bambini e i ragazzi del Congo imparano le proprie origini, insieme alla saggezza, legando ad una corda, secondo il metodo “mutanga”, vari oggetti in miniatura. In Occidente le corde sembrano invece spezzarsi verso una comunicazione senza fili. Possa il Museo parmigiano significare crescita nel posto “dove si sta bene”.
Chiara Allegri conclude la nostra conversazione parlando del suo lavoro come della realizzazione di un sogno, e segnalando come questo sogno fosse , e sia, per lei il desiderio di rimuovere i fattori negativi che pesano sulle professioni museali in Italia. “ Da noi viene stanziato molto per i conservatori, ma poco per la valorizzazione del marketing e degli eventi. Il mio è un mestiere che in molti musei non esiste. Per questo sono molto contenta che il museo d’arte cinese abbia investito su questo tipo di attività. E che ciò stia portando i suoi frutti”.
Un luogo nuovo, giovane e frizzante pieno di novità, la parola chiave resta la fratellanza, l’uno non può esistere senza l’altra: Yin e Yang al centro del museo. 

Giorgia Persico