
Unesco e Parma “Capitale della coltura” 2018
U nesco. E’ una medaglia, una targa: da appuntarsi sul petto e da celebrare pubblicamente. Una sorta di civico gonfalone che gonfia il petto della cittadinanza e ancor più delle autorità cittadine. Amministratori comunali in testa. Da qualche anno, infatti, la corsa a un riconoscimento Unesco è diventato uno sport nazionale. E non solo. In tutt’Europa infatti si briga, si cerca e si traffica per essere riconosciuti dall’Agenzia dell’Onu come realtà meritevole di essere conservata e tutelata perché “patrimonio dell’umanita”.
Tanto che, come avviene oramai per le “giornate mondiali del….” che ogni giorno ce n’è una, non si contano i luoghi che anelano a essere riconosciuti dall’Unesco, al pari dei modi “creativi” coi quali ciò può avvenire. Per stare a noi, e non allargarci troppo, Parma è, come ampiamente noto, città creativa per la gastronomia (ma ci sono altre 8 città italiane creative per qualcosa). Ma abbiamo anche nella nostra provincia il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano Riserva Mab Unesco, mentre i territori rivieraschi del Po si stanno muovendo perché anche il Grande Fiume entri nella lista Unesco. E forse c’è già chi pensa che anche l’anolino oppure il tortello d’erbetta possano ambire al riconoscimento, visto che la pizza è stata recentemente dichiarata “bene dell’umanità”.
Via Unesco, ma ben più che una strada è uno stradello polveroso
Ora non c’è dubbio che medaglie, menzioni e stelle aiutino il turismo e i commerci. Il problema però, per arrivare alla questione che qui interessa, è quanto di culturale abbia questo sentimento. Ovvero quanta consapevolezza esprima e dunque considerazione vera sull’importanza di essere un “patrimonio da tutelare”: la risposta, haimè, se prendiamo come indicatore la toponomastica cittadina, è desolante. Da Capitale, non della Cultura, bensì della Coltura.
C’è infatti a Parma una Via Unesco, ma ben più che una strada è uno stradello polveroso. Oltre i margini della periferia, nella prima campagna, alle propaggini della Pedemontana. Roba da vergognarsi. E ovviamente da riparare quanto prima. Anzi: urgentemente. Perché se mai un alto dirigente dell’Unesco venisse a Parma e anche solo per caso capitasse in Via Unesco credo che qualcosa di simile all’apertura di una “procedura d’infrazione” – per usare un linguaggio comunitario – partirebbe quasi subito. Giusto il tempo, per il funzionario dell’ Unesco, di rientrare a Parigi.
Ma aggiunto che lo stradello successivo è Via Unicef – per ribadire la vocazione internazionale di Parma –, l’amministrazione comunale dovrebbe a titolo di mea culpa organizzare il prossimo evento di “creative gastrnomy city Unesco”, anziché sotto i Portici del Grano, in Via Unesco. Dopo di che, ma meglio prima, dovrebbe rimediare a questo strafalcione. A questa vergogna che è tale, e forse anche più grave sotto l’aspetto culturale, perché inconsapevole.
Anonimo Parmigiano