Vengo da Gela e mi trovo bene a Parma.
Però l’inizio è stato duro…

Dopo tutto quello che hai affrontato in questi anni, puoi affrontare la qualsiasi.

Voglio iniziare da questa frase che mi disse mia madre, quando la paura di trasferirmi al Nord mi stringeva il cuore.

La crisi che più manda più in confusione gli studenti universitari meridionali è la difficile scelta fra Nord e Sud. Rimanere a casa o lasciarla? Sostenere le proprie università locali o partire per “cercare fortuna”?
È una domanda-rito che segna la crescita e la maturazione di ogni giovane siciliano. La risposta non è uguale per tutti, anche se i numeri parlano chiaro: sono tanti i giovani del Mezzogiorno che decidono di affidare la propria istruzione alle sedi universitarie del Centro-Nord.
Questa crisi ha colpito anche me che, stanca della disorganizzazione e delle malefatte delle università siciliane, ho deciso di voltare pagina e lasciare la mia cittadina in provincia di Caltanissetta.
Con una borsa in una mano ed un piccolo trolley nell’altra, ho affrontato il viaggio verso l’ignoto, immaginandolo migliore degli anni trascorsi in Sicilia. L’arrivo a Parma ed i mesi successivi mi hanno portata a paragonare la realtà siciliana con quella parmigiana che stavo vivendo. Ho iniziato a guardarmi intorno, a vedere come le cose funzionassero, cercando di abituarmi e di non “perdermi”.

Il primo approccio è stato sicuramente con i mezzi di trasporto.

Il primo approccio è stato sicuramente con i mezzi di trasporto. Alcuni se ne lamentano, ma solamente perché non sono saliti su quelli siciliani. Basta immaginare una loro versione più vecchia e decadente: il treno che regolarmente prendevo per andare a Ragusa (sede universitaria) era storico, se così vogliamo chiamarlo. Non bisogna tralasciare anche i pochissimi orari giornalieri, i vari ritardi o problemi della linea: tante ore ho trascorso ferma in mezzo al nulla sperando di arrivare a casa per cena o obbligata a scendere ed aspettare un autobus sostitutivo.

Con mezzi di trasporto mi riferisco anche a quelli cittadini: grandi autobus, colorati e pieni di gente che timbra il biglietto o possiede un abbonamento annuale, anche i ragazzini!
Quelli siciliani? Bianchi e piccoli, dove prima di salire ti fai “il segno della croce” pregando di non rimanere ferito da qualche pezzo che rischia di  crollare da un momento all’altro. Pagare il biglietto? Usanza a me, per la maggior parte, sconosciuta. Esistono anche lì sotto i controllori, il problema è che sono pochi e la gente riesce tranquillamente a scamparli.
I mezzi di trasporto sono un punto a favore e fondamentali in una città dove c’è un grande via vai di persone, dove non tutti usano le proprie macchine personali come giù.
Un mezzo che mi ha piacevolmente shockata è la bicicletta: a Parma sono molti cittadini che decidono di utilizzarla per muoversi in città. Non importa la temperatura o che tu stia indossando tacchi a spillo e minigonna: la bicicletta è un must. In Sicilia non è assolutamente così, le biciclette sono strettamente utilizzate dai bambini per giocare nella piazza vicino casa: questo è in parte anche dovuto alla quasi non esistenza e cura delle piste ciclabili. Non esiste una vera e propria “cultura della bicicletta”, le macchine sono troppo comode per essere messe da parte da un mezzo così “scomodo” e poco capiente.

le strade sono quasi tutte pulite o comunque non disastrate

Mantenendomi sempre sull’ambiente e il mondo esterno, ho notato con piacere che le strade sono quasi tutte pulite o comunque non disastrate. Non penso di aver mai visto montagne di rifiuti o gente che getta i propri sacchi non differenziati davanti le porte dei propri concittadini. Non posso dire lo stesso della Sicilia, in particolare di dove ho vissuto.

Come già accennato in precedenza, uno dei problemi che ho incontrato nella mia permanenza in Sicilia è legato alla mia brutta esperienza con le università. Anni di disorganizzazione, professori che si pongono come degli Dei della Sapienza nei confronti degli studenti, inimicizie e gelosie. Tutto questo mi ha portata a tante urla e a diversi problemi legati all’ansia.
Queste poche parole non possono descrivere e far capire cosa sia veramente successo in quegli anni. È comprensibile però che portare centinaia di studenti al fuori-corso o alle lacrime non è segno di una buona istruzione ed organizzazione. Pochi appelli, pochi supporti agli studenti e professori che preferiscono andare contro la legge che aiutarci.
Al contrario, l’esperienza vissuta in questi mesi è stata positiva: segreteria disponibile, pronta ad aiutarti e a rispondere alle tue domande, veloce e collaborativa. I professori sono amichevoli e cordiali, legati più all’aspetto pratico o all’apprendimento di vere e proprie competenze. Puntano a dare  delle nozioni che possano in qualche modo essere utili agli studenti in futuro, utilizzano molte slide o digressioni durante le lezioni, informando di visite e congressi. Giù si è più legati a sistemi tradizionali, per esempio alla memorizzazione di migliaia di informazioni che andranno perdute o alla quasi non esistenza di esperienze extra-scolastiche. Visione ovviamente influenzata da quella che è la mia esperienza.

Gente che con il sorriso sulle labbra ha risposto tranquillamente alle mie domande infinite e mi ha aiutata ad ambientarmi in questa nuova struttura e città

Ma non posso tralasciare i protagonisti della realtà che sto vivendo: le persone, che sono altro oltre ad essere civili e puliti.
Venendo dall’altra parte dell’Italia e non conoscendo nessuno del mio Corso di Laurea, è cresciuta in me la paura di non riuscire a fare amicizia o di trovare già delle comitive ben rigide e chiuse.
Mi sono dovuta ricredere, e lo faccio ancora oggi dopo mesi. Gente che con il sorriso sulle labbra ha risposto tranquillamente alle mie domande infinite e mi ha aiutata ad ambientarmi in questa nuova struttura e città. Colleghi che ti salutano anche se con te hanno poco a che fare o sono sempre pronti a scambiare qualche parola. Ho notato più maturità e meno gelosie: non ci sono colleghi che ti guardano dall’alto al basso o rimangono rigidamente chiusi nei loro gruppi.

Non ci siamo ancora evoluti dai cartelli affissi fuori dalle abitazioni con su scritto “Non si affitta ai meridionali”?

Tuttavia tutto non è rose e fiori come sembra. L’arrivo a Parma non è stato traumatico solamente per il lungo e stancante viaggio, ma anche per i primi rapporti con alcuni individui parmigiani. Trovare una stanza non è mai cosa facile, soprattutto in un periodo dove c’è una grande folla di studenti che ossessivamente cerca un posto dove poter vivere.
I gruppi Facebook sono stati il mio punto di partenza per la ricerca di un alloggio. Dopo aver preso decine di appuntamenti, il secondo passo fu andare a vedere le stanze di persona. Il problema? La camera non spettava alla prima che dicesse “sì, mi piace”, ma a chi veniva scelto dalle coinquiline o dai proprietari. Durante gli appuntamenti mi è stato chiesto solamente nome completo, Corso di Laurea e provenienza, spesso volendo sapere quest’ultima informazione nei minimi dettagli. Avevo paura mi chiedessero anche il numero civico.
Non è un caso che io sia stata scartata da tutti gli appartamenti visitati, nei quali non c’erano coinquiline siciliane, sarde e calabresi. Questo mi ha portata a rivolgermi ad un’agenzia per poter risolvere la questione.
Si può urlare allo scandalo? Non so, non ho il coraggio di definirlo. Sicuramente è un problema e fa capire che, forse, anche qui si è rimasti indietro. Non ci siamo ancora evoluti dai cartelli affissi fuori dalle abitazioni con su scritto “Non si affitta ai meridionali”?
Mi piacerebbe pensare che questa sia stata semplicemente sfortuna, anche se alcuni eventi dicono il contrario.
Non scriverò cose come “spero che non si ripeta più” perché succederà ancora. Certe idee sono radicate e dure a morire. Posso solo sperare che le prossime generazioni possano lasciarsi alle spalle tutti questi pregiudizi.

La mia terra rimarrà sempre la mia terra: il sole, il mare, i vicini che urlano e la mia cagnolina che al mattino mi sveglia per poter fare colazione insieme. Dire che tutto questo non mi manca è una bugia.
Dopo aver vissuto quasi 23 anni nello stesso posto e circondata dalle stesse persone, non è semplice ripartire da zero. Nuove strade, facce e abitudini. Spesso mi ritrovo a sorridere quando sento qualcuno parlare in siciliano a Parma. Come se un po’ di casa fosse anche qui.
All’inizio l’euforia e la paura del “nuovo” mi distraeva, ma con il tempo ha fatto capolino la nostalgia.
Rosa Balistreri, cantautrice siciliana, la racconta bene nella sua “Nostalgia”:

È ‘na infilicità luntanu stari,
luntanu di sta terra di Sicilia,
lassai l’amuri e tutti li me cari,
lassai l’oduri di la primavera.

È una infelicità lontano stare,
lontano da questa terra di Sicilia,
lasciai l’amore e tutti i miei cari,
lasciai l’odore della primavera.

Non poi così diversa da me, Rosa lasciò la Sicilia per cercare fortuna altrove, per realizzare i propri sogni.

Del resto, secondo uno dei tanti proverbi siciliani, “cu nesci, arrinesci” (chi esce, riesce). Chi ha il coraggio di lasciare la Sicilia, sarà quello che riuscirà a concludere qualcosa nella propria vita.
Mi manca la mia isola? Assolutamente, ma ho trovato in Parma un posto accogliente e fertile nel quale mi piacerebbe crescere, conoscere e maturare.
Spero che questa nuova realtà mi possa portare solo cose positive e che possa finalmente lasciarmi il passato alle spalle. 

Anna Turco