
Walter Antonini, presidente Anmic: «piú coesione e meno pregiudizio»
La lotta alle disuguaglianze
«L
a disabilità non deve essere vista come qualcosa di negativo: siamo perone fortissime! È proprio il nostro motto di Anmic: la forza dei disabili». E oggi Walter Antonini, presidente Anmic ce la spiega. Non ci parlerà solo della sua vita, ma di quello che fa per cambiare la vita degli altri, soprattutto di persone con disabilità (di qualunque tipo) e della lotta quotidiana che fa per contrastare il pregiudizio, non con «inutili convegni» (lo dice lui stesso, ndr) ma con serie e ben strutturate proposte.
Walter Antonini si presenti.
Lei è il presidente di Anmic, ci spieghi che cosa comporta questa carica? «Sì, sono presidente provinciale Anmic Parma dal settembre 2018. Anmic (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili) è la più grande realtà che si occupa di disabilità fisica sensoriale e intellettiva. Questo comporta una grande responsabilità come associazione: negli anni siamo cresciuti in maniera esponenziale garantendo la maturità professionale al personale e dando un’immagine qualificata all’associazione, avendo un’autorevolezza significativa sotto tanti punti di vista. Ci teniamo anche molto a curare i nostri modi di comunicare affinché siano i più efficaci possibili».
Anmic… A tutela dei disabili. Che obiettivi ha questa associazione e che obiettivi ha lei in questa associazione? «Noi esercitiamo il rispetto dei diritti dei disabili, aggiornandoli e aggiornandoci. Ma parliamo anche dei doveri che i disabili hanno nei confronti della comunità. Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di contrastare chi cerca i diritti di una disabilità che non ha (i falsi invalidi) e dare invece opportunità concrete a chi è colpito seriamente da una forma di invalidità. Tre sono le parole chiave della nostra associazione: aprire, rinnovare e crescere. Abbiamo la necessità di rinnovare i nostri spazi e lo abbiamo fatto ad esempio con il Giardino di Luana, la casa vacanze a Bazzano e la cittadella Paralimpica. Aprire e aprirci anche nel senso di dare nuovi servizi essendo disponibili e professionalmente adeguati alle necessità non solo delle persone disabili ma anche degli enti pubblici. Noi ci mettiamo a disposizione degli enti pubblici sia per l’abbattimento delle barriere architettoniche sia per consulenze circa i dubbi che si possono avere su come agevolare al massimo la tutela delle persone con disabilità. Vogliamo anche crescere nel numero di associati (siamo circa 3000), crescere nei servizi e nella progettualità. Vogliamo dare una risposta concreta e diretta sotto tutti i punti di vista, a trecentosessanta gradi a tutti».
La disabilità: tabù o virtù? In Anmic se ne parla spesso, ci parli di cosa comporta essere disabile in questa società: «Essere disabili non è né un tabù né una virtù. Anche i campioni dello sport paralimpico non hanno virtù in più, ma hanno fatto della loro vita qualcosa di semplicemente più sportivo, sono i “primi della classe” (sportivamente parlando) in una classe di persone che vivono la loro vita tutti i giorni e che non eccellono, ma nemmeno perdono tempo. Non ci piace la parola “normodotati” la reputiamo offensiva, ognuno di noi ha potenzialità specifiche. La disabilità è ancora vista come elemento penalizzante e non deve esserlo».
La disabilità comporta dei pregiudizi. Come li combattete? «Personalmente non penso la disabilità comporti dei pregiudizi. Non a tutti. Li comporta solamente a quelle persone che non riconoscono in sé stesse delle diversità e delle specificità positive e negative. Alcune persone “normodotate” (sempre sbagliato usare questo termine) non sanno valutare le potenzialità delle persone. Gli stereotipi penalizzano non la persona con disabilità ma anche chi li utilizza. Come li combattiamo? Facendo cultura, facendoci conoscere nelle scuole e nelle aziende».
C’è qualche battaglia che avete vinto? E qualcuna che (purtroppo) avete perso? «È una domanda enorme questa. Il lavoro, la scuola, lo sport e l’inserimento comportano battaglie che ogni giorno si vincono e si perdono. In tanti anni mettiamo in discussione le battaglie che abbiamo già vinto. Lo scopo è far vivere le persone con disabilità con uguali diritti, uguali sistemazioni, uguali lavori di tutti gli altri. L’obiettivo è far vivere le persone con disabilità e non tutti sullo stesso piano. Professionisti, consulenti, e aiuti vari ci aiutano a combattere queste battaglie tutti i giorni. È faticoso e snervante essere sempre in prima linea».
Storie di disabili. Come, ad esempio, la campionessa di nuoto Giulia Ghiretti, o Emma Manghi, la scout in carrozzina. Anmic le porta avanti con orgoglio. Ce ne è qualcuna che la ha particolarmente colpita? «Le abbiamo prese come esempi, ma il rischio è ignorare chi fa una vita dignitosa senza “eccezioni”. Mettere in evidenza solo le eccellenze non ci aiuta. Ogni anno premiamo le persone con disabilità che emergono in qualche contesto, ma vogliamo anche tenere alto il valore di chi non è un’eccellenza ma che porta avanti una vita normalissima e non è (come già dicevo) il primo della classe ma è nella classe. In tutte le comunità ci sono poi elementi che vanno alla ricerca di visibilità e ci fanno perdere il terreno conquistato. Noi cerchiamo di farli ragionare, anche se a volte è difficile».
In conclusione … Quali sono le aspettative per il futuro? C’è qualcosa che vuole evidenziare? «Vorremmo e vorrei con tutto il mio team abbattere tabù, abbattere pregiudizi. Noi non facciamo convegni, ma vogliamo crescere attraverso nuovi progetti ,cercando sempre più consulenti, sempre più personale che ci aiuti e che porti avanti gli scopi chiarissimi e primari dell’associazione».
Nicolò Bertolini